Il W20, formato dalle delegazioni dei venti paesi del G20 che si riuniscono ogni anno, è un gruppo di interesse della società civile che ha l’obiettivo di elaborare proposte ai leader mondiali sul gender equality. Nasce in seguito alla Dichiarazione di Brisbane del 2014, in cui i paesi partecipanti, che rappresentano l’80% del Pil mondiale, si impegnano a ridurre del 25% il divario tra uomini e donne nella partecipazione al mercato del lavoro entro il 2025.

Il W20 vuole inoltre promuovere l’empowerment economico femminile e una crescita della partecipazione alle attività civili e sociali, nei rispettivi paesi e a livello internazionale, porre fine a tutte le forme di discriminazione e violenza di genere introducendo strumenti e policy volte a contrastare le forme che questo fenomeno sta assumendo, anche in virtù delle nuove tecnologie e delle diverse piattaforme digitali.

Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat, pioniera degli studi e delle statistiche di genere, è la Chair del W20 (Women20).

Nella tre giorni svolta a Roma il 13, 14 e 15 luglio, il Summit si è concentrato sull’obiettivo di ridurre il divario occupazionale di genere del 25% entro il 2025, rivolgendo un appello ai big del G20 che si incontreranno a Roma a fine ottobre. Si calcola che saranno necessari 135 anni per colmare il divario di genere globale.

Le statistiche internazionali non lasciano spazio ad ambiguità. Secondo il World Economic Forum ci vorranno 135,6 anni per colmare il divario di genere globale. Le donne sono le più vulnerabili nel perdere il lavoro e nel subire cali più marcati del reddito.

Non va meglio per chi occupa una posizione in ambito politico e imprenditoriale. Nel suo Gender Gap Report 2021, il World Economic Forum ha stimato che in 156 Paesi del mondo, le donne rappresentano solo il 26,1% dei parlamentari e solo il 22,6% di oltre 3.400 ministri nel mondo. Non va meglio nelle realtà del management: solo il 27% dei manager di tutto il mondo è donna.

Come ha detto la chair del W20, Linda Laura Sabbadini: “Un reale cambio è possibile ma alcune condizioni sono essenziali. La prima, è la sorellanza, parola chiave per la libertà femminile, sisterhoód, come diceva Kate Millett nel 1970. Solo sostenendosi a vicenda le donne possono ottenere un potere enorme e cambiare profondamente il mondo che ci circonda. L’unione delle donne deve essere ottenuta al di là delle differenze. Ma le differenze tra donne esistono. E l’unità deve servire anche per migliorare le condizioni di quelle che stanno peggio, che sono più vulnerabili, più sfruttate, più private di diritti e multidiscriminate. Sorellanza è sinonimo di solidarietà. Significa essere in grado di creare una rete di sostegno per un reale cambiamento. Di indirizzare le energie femminili per l’avanzamento di tutti. La seconda questione chiave è il cambiamento degli uomini. E qui è d’obbligo un appello. Uomini, cari uomini (tranne quelli violenti), voi sapete quanto valgono le vostre nonne, le vostre madri, le vostre sorelle, le vostre compagne, le vostre figlie. E il momento che il pregiudizio smetta di pregiudicarne la vita e la felicità. Unitevi a noi per rendere più giuste le nostre società e il futuro di tutti. La terza è l’abbattimento dei muri della resistenza culturale al percorso verso l’uguaglianza di genere. Non nascondiamocelo. Noi viviamo ancora in una società patriarcale. Dobbiamo essere determinate e perseveranti insieme agli uomini che condividono. Quarta condizione, coerenza nell’azione politica dei governi e del G20. n G20 può fare la differenza indicando con forza la strada dell’empowerment femminile ai governi attraverso obiettivi chiari, monitoraggio del loro raggiungimento e forte investimento sugli stessi”.

Fonti: https://www.ilriformista.it/women20-al-via-a-roma-il-summit-delle-donne-sabbadini-ridurre-del-25-il-divario-occupazionale-234663/; https://www.repubblica.it/economia/2020/10/14/news/sabbadini_e_la_chair_del_women20_che_si_terra_in_italia-270570179/.