Cognomi: un’altra sentenza della Corte costituzionale in attesa della Riforma organica

Dopo la sentenza n. 131/2022 la Corte costituzionale torna ad esprimersi in materia di cognome, a tutela dell’identità personale dell’adottato maggiorenne.

Grazie alla sentenza n. 135 del 2023, l’adottato maggiorenne potrà aggiungere il cognome dell’adottante al proprio. Non sarà più obbligato ad anteporre il cognome dell’adottante, quando ciò serva a tutelare il suo diritto all’identità personale e anche l’adottante sia favorevole a tale ordine dei cognomi.

La Corte ha ritenuto che l’art. 299, primo comma, del codice civile sia lesivo degli artt. 2 e 3 Cost. «nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiore d’età, se entrambi nel manifestare il consenso all’adozione si sono espressi a favore di tale effetto».

È quanto si legge nella sentenza pubblicata il 4 luglio scorso (redattrice la giudice Emanuela Navarretta).

La nostra associazione prosegue nelle iniziative finalizzate a far approvare la legge con la Riforma organica del cognome, più volte sollecitata dalla Corte costituzionale. – dichiara Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente onoraria della Rete per la Parità e aggiunge – Tenuto conto di questa nuova sentenza, le proposte finora presentate in Parlamento dovranno essere integrate.”.

Prime donne in un mondo dispari. Storie di legge e di giustizia

Chiara Volpato, responsabile nazionale del Coordinamento Donne ACLI, ha aperto l’incontro “Prime donne in un mondo dispari: storie di legge e di giustizia”. In un luogo simbolico come la Corte di Cassazione, le Acli hanno voluto ripercorrere le conquiste a livello legislativo che le donne hanno raggiunto per accedere al mondo delle professioni giuridiche e ottenere alcuni diritti fondamentali: un percorso non compiuto e ancora pieno di ostacoli, come testimonia l’attuale disparità salariale e lavorativa tra uomini e donne, certificata dalla recente ricerca Acli “Lavorare dis/pari”.  

Maria Enza La Torre, consigliera del Comitato Pari Opportunità Corte di Cassazione, ha affermato: “Dobbiamo ancora batterci per il diritto al lavoro delle donne, un lavoro che dia i giusti riconoscimenti e il giusto salario, senza dover per forza rinunciare agli impegni familiari”.

Al convegno hanno partecipato anche gli sceneggiatori della serie Netflix “La legge di Lidia Poët”, che ha fatto conoscere al grande pubblico la storia di questa donna fuori dal comune. Elisa Dondi ha raccontato: “Il personaggio di Lidia è proiettato nel futuro e questo è tipico di chi combatte per un ideale. Ho scelto di scrivere questa sceneggiatura per Lidia, ma anche perché avevo bisogno di lavorare. Lei ci ricorda che mettere al centro la propria indipendenza economica significa essere libera. Questo è dirompente nella sua semplicità”. Il creatore e sceneggiatore della Serie Netflix, Guido Iuculano, ha spiegato: “Abbiamo cercato di raccontare con ironia come una ragazza dell’Ottocento che studia per tanti anni, poi non può esercitare la sua professione; si innamora, ma sa che se si sposa perde la libertà”. Lo sceneggiatore Davide Orsini, ha aggiunto: “Lidia ha lavorato nell’ombra come assistente del fratello per trent’anni perché non poteva entrare in aula. Ha fatto con resilienza, giorno per giorno, il lavoro che le era stato negato. Per noi è diventata l’emblema di tutti gli emarginati, di tutti quelli a cui viene detto: “tu non puoi fare questa cosa”.

A ripercorre la biografia di Lidia Poët è stata Chiara Viale, avvocata, partner A&A Studio Legale e autrice del libro “Lidia e le altre. Pari opportunità ieri e oggi: L’eredità di Lidia Poët”: “Rappresenta un modello di ruolo per la straordinaria visionarietà, per la determinazione e il coraggio con cui non rinuncia al suo sogno. Nasce in una famiglia agiata e abbastanza liberale da consentirle di studiare all’estero e imparare quattro lingue. Dopo la laurea in giurisprudenza nel 1881, per esercitare la professione, doveva iscriverci all’Albo. L’Ordine degli Avvocati, accertato che c’erano tutti i requisiti decide di accettarla, ma il procuratore del re chiede l’annullamento. Di fronte a questo, ricorre in Cassazione che certifica che esiste una disparità naturale tra uomo e donna. L’avvocatura ha un carattere marcatamente virile: è l’anticamera del potere politico. La paura vera era quella che le donne ottenessero il diritto di voto. Lidia si batte per questo diritto e per il miglioramento delle condizioni dei detenuti. Ancora oggi il reddito medio delle donne è il 50% inferiore a quello degli uomini”.

Ospite d’onore del convegno è stata Rosanna Oliva De Conciliis, presidente onoraria della Rete per la Parità APS. Nel 1960 presentò ricorso presso la Corte Costituzionale, dopo il rifiuto del Ministero dell’Interno di ammetterla al concorso per la carriera prefettizia in quanto donna. La sentenza della Consulta fu una decisione storica perché permise alle donne l’accesso a tutte le cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la Magistratura, senza limitazione di mansioni e di carriera. “Secondo i dati World Economic Forum sono necessari ancora 132 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale. Noi non ci arrenderemo, lo dobbiamo alle bambine di oggi, perché una volta adulte non debbano più scegliere tra lavoro e famiglia, tra carriera e figli. Il mio augurio è che tutte le giovani donne del futuro siano felici di essere donne”, ha detto Rosanna Oliva De Conciliis.

A concludere il convegno è stata Paola Di Nicola Travaglini, magistrata presso la Corte di Cassazione: “Siamo in una condizione nella quale abbiamo bisogno che voi uomini prendiate parola, ma siete muti. Le donne restano ospiti in molti contesti della società. Ci è stata imposta l’omissione del femminile, anche attraverso il nome. Ho impiegato tre anni per acquisire il cognome di mia madre: la struttura sociale e giuridica non riconosce che siamo anche figlie e figli di una madre. Abbiamo letto le motivazioni con cui a Lidia Poët è stato impedito di esercitare la sua professione: sono gli stessi stereotipi e pregiudizi che troviamo nelle nostre sentenze quando assolviamo gli uomini autori di violenza, le stesse parole che si leggono sui giornali quando si racconta un femminicidio. Le donne, quando mettono in discussione un ordine, sono esagerate, bugiarde, incapaci di razionalità. Tutti abbiamo un potere e una capacità trasformativa: l’articolo 3 della Costituzione di fatto è realizzabile solo se ognuno di noi ci mette il proprio”.

Dal comunicato stampa di Acli.it

Ecco una breve galleria dell’evento.

La violenza contro le donne non è un’emergenza

di Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente onoraria della Rete per la Parità

La violenza contro le donne non è un’emergenza, è un drammatico problema conosciuto e studiato da anni, qualcosa è stato fatto ma non è abbastanza. E sono stati dannosi i nove mesi trascorsi dall’inizio della nuova Legislatura in cui nulla è stato fatto.

L’Italia delle emergenze è complice della violenza sulle donne. C’è un’analogia con quanto si sta facendo (o non facendo, come la nomina del Commissario, dopo l’alluvione in Romagna) per ridurre i danni dovuti alla fragilità del territorio.

Siamo in presenza di numeri non idonei a un Paese che vuole definirsi civile. Nel 2022 sono stati 125 i femminicidi e al Primo giugno del 2023, se ne devono già contare 47. Le telefonate al numero 1522: 11.909 vittime di violenza nel 2022 (Istat).

Lo scorso maggio è stato pubblicato il Position paper dell’ASviS “L’eguaglianza di genere: un obiettivo trasversale”, nel quale la Rete per la Parità ha curato la parte dedicata alla violenza di genere. La violenza può essere fisica, sessuale, psicologica, economica e sociale. Il Gruppo di Lavoro sull’obiettivo 5 – parità uomo-donna dell’Agenda ONU 2030 ha proposto, tra l’altro, la diffusione della consapevolezza sul fenomeno, lo sviluppo delle competenze finanziarie delle donne per contrastare la violenza economica e il monitoraggio dell’attuazione del Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne.

Eppure la riflessione che ha coinvolto anche il Ministero della Giustizia e quello dell’Interno, di cui ha parlato la ministra Roccella, sembra sia partita soltanto il Primo giugno: la violenza sulle donne è diventata un’urgenza solo dopo un delitto così efferato come quello di Senago.

Il DDL approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, annunciato come proposta volta a prevenire la violenza alle donne, è un insieme di misure repressive, valide ma utili a evitare soltanto la reiterazione dei reati. Spetterà al Parlamento integrare le disposizioni dei 15 articoli.

Nuovi provvedimenti, nuove leggi? E quelle che ci sono? Si spera che il Governo si ritenga impegnato a rispettare gli obblighi assunti con la firma della Convenzione di Istanbul. La Convenzione è riconosciuta come lo strumento più efficace per combattere la violenza di genere, poiché impone obblighi concreti, eppure FdI e Lega si sono astenuti all’Europarlamento nella votazione che ne ha approvato la ratifica.

Come sempre le leggi non mancano ma spesso sono dimenticate, come la legge 154/2001, modificata nel 2021, che prevede la possibilità, nel caso di violenza domestica, del ricorso all’ordine di protezione, un provvedimento che consente di allontanare dalla casa familiare i violenti anziché le vittime.

E i piani antiviolenza e antitratta approvati sia pure con ritardo?

E perchè, finora, a nove mesi dall’inizio della Legislatura, non ancora esiste la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, istituita con la Legge n. 12 del 9 febbraio 2023? Evidentemente ci sono altre priorità: non si tratta di incarichi appetibili.

Intanto si utilizzino le conclusioni nella relazione finale della precedente Commissione d’indagine, a partire dal fenomeno della vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale, approfondito dalla Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenuta in Commissione.

E se si è d’accordo sul fatto che la violenza di genere affonda le sue radici in un contesto culturalmente arretrato, perché il Governo non esercita la funzione di controllo sul servizio pubblico radiotelevisivo e digitale per ottenere il rispetto delle disposizioni del Contratto di servizio RAI ormai scaduto e il Legislatore non trova il tempo per rendere pienamente operative le due sentenze della Corte costituzionale sul doppio cognome?

Per quanto riguarda le iniziative dei gruppi di minoranza in Parlamento, sul doppio cognome sono state presentate sei proposte di riforma e un’interrogazione per sollecitare l’esame. A nulla è valso il sollecito inviato il 27 aprile dalla Rete per la Parità al Parlamento.

Sulle armi utilizzate negli omicidi è stato presentato il ddl n.78, primo firmatario il sen. Walter Verini (PD-IDP) “Disposizioni in materia di controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d’armi”. Un’iniziativa meritevole ma servirebbero disposizioni più incisive. Il certificato medico dovrebbe essere ritirato nel caso il sanitario che l’ha sottoscritto venga a conoscenza di variazioni e comunque dovrebbe essere rinnovato annualmente. Nell’ultimo articolo sono previste troppe deroghe ingiustificate. Molti reati sono commessi con armi da caccia e detenute per ragioni di servizio. Vedi l’ultimo femminicidio commesso da un poliziotto in servizio alla Camera e la tragedia di quello che ha ucciso due figlie e per poco non gli è riuscito di uccidere anche la moglie. Eppure entrambi manifestavano problemi psicologici. Si dovrebbe disporre in via generale, salvo eccezioni, che le armi di servizio rimangano custodite presso il luogo di lavoro, e detenute solo durante il servizio.

I tempi veloci imposti per l’approvazione della nuova legge non dovranno escludere l’audizione di esperti e associazioni che da tempo approfondiscono il fenomeno. Come Rete per la Parità anticipiamo da ora che chiederemo di essere audite.

2 giugno – Un evento al Museo degli Strumenti musicali di Roma per celebrare il 63esimo anniversario della sentenza della Corte costituzionale n. 33/1960

A settantacinque anni dalla nascita della Repubblica e dal voto delle donne italiane sul referendum e per l’elezione dell’Assemblea costituente, con un concerto dell’Artemisia Trio, l’AGIMUS – Associazione Giovanile Musicale, il Museo Nazionale degli Strumenti musicali di Roma e la Rete per la Parità hanno ricordato l’anniversario della storica sentenza n. 33/1960 che eliminò le discriminazioni contro le donne nelle principali carriere pubbliche.

All’evento ha partecipato un folto numero di persone, tra le quali molte della Rete per la Parità.

La Direttrice del Museo, Arch. Sonia Martone, ha curato l’organizzazione, guidato la visita al Museo e introdotto il concerto ricordando le 21 Madri costituenti raffigurate nelle slide proiettate in sala.

Il Trio ha eseguito numerosi brani introdotti dalle tre musiciste, Elisabetta Berto – cantante e autrice di testi, Iolanda Zignani – flauto e Daniela Brandi – pianoforte.

E’ stata l’occasione per far conoscere anche la formale richiesta della Rete per la Parità al Parlamento, di approvare la riforma del cognome, inviata a un anno dalla sentenza n. 131/2022 della Corte costituzionale. Un segnale di come sia ancora ostacolato il cammino verso la piena parità formale e sostanziale uomo/donna nell’ambito della completa attuazione della Costituzione. Tanti i risultati finora raggiunti ma ancora troppi gli anni necessari per realizzare l’obiettivo 5 dell’Agenda ONU 2030: l’uguaglianza di genere e l’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze.

Dopo il concerto è stato offerto dall’UMAO – Unione Mediterranea Assaggiatori Olio un assaggio guidato che ha permesso ai presenti di conoscere le caratteristiche dell’olio extravergine di oliva e diventare consumatori e consumatrici consapevoli di questa eccellenza della cucina mediterranea.

Ecco il servizio sull’evento trasmesso su Rai News 24.

30 maggio 2023 – Vent’anni dalla riforma dell’art. 51 della Costituzione

L’articolo 51, primo comma, della Costituzione stabilisce il principio della parità dei sessi nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Nella XIV Legislatura, con la Legge Costituzionale n. 1 del 30 maggio 2003, l’articolo 51 fu così integrato: “La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

In questa fase in cui il Governo propone riforme costituzionali che necessitano di approfondimenti – afferma Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente onoraria della Rete per la Parità – la priorità dovrebbe essere quella della riforma che può essere realizzata senza modificare la Costituzione del sistema elettorale del Parlamento per rispettare il ruolo determinante dell’elettorato, e ottenere governi più stabili”.

Questo anniversario – aggiunge – deve essere l’occasione per contribuire a scuotere il livello politico-istituzionale a realizzare la democrazia paritaria, esigendo candidature paritarie in tutti gli ambiti elettivi nonché la doppia preferenza di genere”.

L’espressione delle preferenze è mezzo e fine della democrazia paritaria. – afferma Donatella Martini, Presidente di DonneinQuotaNon è accettabile che ancora quattro regioni (Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia e Valle d’Aosta), in aperta violazione dell’art. 51 della nostra Costituzione, non prevedano la doppia preferenza di genere per l’elezione dei Consigli regionali; la doppia preferenza in tutte le regioni è il primo obiettivo della Piattaforma Interregionale per le Donne nelle Istituzioni che unisce donne, rappresentanti istituzionali e associazioni”.

Lectio magistralis di Giuliano Amato, Presidente emerito della Corte costituzionale

V Riunione Scientifica dal titolo “Quale Europa per il futuro dei giovani“, organizzata dal Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della Sapienza Università di Roma. “Quale Europa per il futuro dei giovani”.

I lavori delle sessioni Plenarie sono stati aperti da una Lectio magistralis del Presidente emerito della Corte costituzionale, Giuliano Amato.

Una testimonianza di grande interesse.

Tra il pubblico Rosanna Oliva de Conciliis, Patrizia De Michelis, Sandra Sarti e Nadia Marra della Rete per la Parità.

A questo link il video realizzato da Radio Radicale.

Doppio cognome: a un anno dalla sentenza ancora un nulla di fatto

Sulla questione del doppio cognome segnaliamo due interessanti articoli su La Stampa, firmati da Donatella Stasio e Filippo Femia, al quale si aggiunge la nota di Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente onoraria della Rete per la Parità.

Ballottaggio del 28 e 29 maggio: quante e chi sono le candidate a sindaca

Dal blog di Daniela Domenici, Daniela e dintorni

41 Comuni andranno al ballottaggio il prossimo 28 e 29 maggio, vediamo chi sono le candidate.

Nel ballottaggio dei 7 capoluoghi di provincia c’è una candidata ad Ancona e ben due a Siena

  • Ida Simonella vs Daniele Silvetti ad Ancona
  • Nicoletta Fabio vs Anna Ferretti a Siena

Negli altri 5 capoluoghi non ci sono candidate

vediamo chi sono gli altri 34 Comuni al ballottaggio e chi sono le candidate

  1. San Felice a Cancello (CE)
  2. Cercola (NA)
  3. Marano di Napoli (NA)
  4. Torre del Greco (NA)
  5. Campagna (SA)
  6. Scafati (SA)
  7. Anagni (FR)
  8. Aprilia (LT): Luana Caporaso vs Lanfranco Principi
  9. Rocca di Papa (RM)
  10. Velletri (RM)
  11. Sestri Levante (GE)
  12. Ventimiglia (IM)
  13. Arese (MI)
  14. Cologno Monzese (MI)
  15. Gorgonzola (MI): Ilaria Arabella Paola Scaccabarozzi vs Fabio Iannotta
  16. Nova Milanese (MB): Elena Maggi vs Fabrizio Pagani
  17. Bema (SO): Giovanna Passamonti vs Marco Sutti, 139 abitanti
  18. Porto Sant’Elpidio (FM)
  19. Novi Ligure (AL): Maria Rosa Porta vs Rocchino Muliere
  20. Pianezza (TO)
  21. Acquaviva delle Fonti (BA): Francesca Pietroforte vs Marco Lenoci
  22. Altamura (BA)
  23. Mola di Bari (BA)
  24. Noci (BA)
  25. Valenzano (BA): Maria Morisco vs Giampaolo Romanazzi
  26. Bisceglie (BT)
  27. Carovigno (BR)
  28. Campi Bisenzio (FI)
  29. Pietrasanta (LU)
  30. Pescia (PT)
  31. Umbertide (PG)
  32. Adria (RO)
  33. Vedelago (TV)
  34. Sona (VR)

In Sicilia si voterà invece al primo turno. Qui tutti i dettagli.