8 marzo 2022-Giornata internazionale dei diritti delle donne

8 marzo, ore 11 “Giornata Internazionale della Donna”. Roma – Palazzo del Quirinale. https://www.quirinale.it/elementi/63530
Sarà presente Rosanna Oliva de Conciliis.

Quest’anno abbiamo deciso di diramare le notizie utili per seguire le tante iniziative organizzate dagli organismi che fanno parte della Rete per la Parità o che vedono la nostra partecipazione.

Il numero degli eventi (ci scusiamo per quelli eventualmente non inseriti) dimostra che in questi anni si è creata una vasta e preziosa rete che vede l’impegno comune di donne dell’associazionismo insieme con il mondo accademico e singole persone .

Stiamo vivendo giorni drammatici, ma non dobbiamo abbandonare un sogno. Quello di un’umanità in cui uomini e donne vivano al riparo dai danni ambientali causati dall’uso eccessivo delle risorse naturali, e con pari diritti e dignità concorrano in pace allo scopo di lasciare alle generazioni successive un futuro migliore.

Eventi

ADBI – 8 marzo, ore 18. Roma.La Comunicazione inclusiva e la parità di genere.” 

Aspettare Stanca segnala:
Martedì 8 marzo 2022, Giornata internazionale della donna. Ingresso gratuito delle donne nei musei e nei luoghi della cultura statali.
Per saperne di più: https://www.beniculturali.it/evento/giornata-internazionale-della-donna-2022
A Roma, ingresso gratuito delle donne al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
e due  visite guidate: ore 10, Trucco e Parrucco nel mondo etrusco – a cura di Romina Laurito e  ore 11.30 , SPECIALE Villa Poniatowski – a cura di Antonietta Simonelli.

8 marzo, ore 11-  Caserta,  presso il Dipartimento di Ingegneria – Prof.ssa Annamaria Rufino – Seminario tematico “Social Urbs – processi e strutture della comunità globale

La Casa Internazionale delle Donne promuove “VENTI DI FEMMINISMO – 8 marzo e dintorni”:  Sciopero femminista e tranfemminista contro la guerra! alle ore 17 presso Piazza della Repubblica; alle ore 20:30 Canzoni e letture per l’8 marzo con L’albero della libertà; il 10 marzo ore 15:00 La Casa fa scuola.

CNDI di Parma, 8 marzo con Soroptimist, Zonta Club, Ami e AIDM.  “Storia di Donne” per parlare di donne che, per la loro intelligenza ed intraprendenza riuscirono nel 1800 ad occupare spazi riservati ai soli uomini. Organizzato nell’ambito della rassegna “Un mese per raccontare le donne”.  

FICLU. Molte le iniziative dei tanti Club per l’Unesco di diverse città italiane.

Fildis  e Alef – Online. 18 marzo “Le donne e la guerra”, il ruolo delle donne come sempre in prima linea quando ci sono situazioni di difficoltà.

FNISM Catania – Online. “Testimonianze, Saperi e libri diversi per educare alla parità di genere.” 7 marzo, ore 16. Primo incontro.

SCONFINIAMO – 12 MARZO –  Roma – “Il coraggio di esserci” 
Ore 9,30 – Via delle Cave. Passeggiata guidata dal prof Piero Tucci
Ore 11.30 Via Orvieto 25. Spettacolo “Il coraggio di esserci”

SOROPTIMIST INTERNATIONAL D’ITALIA  

Tutti i 161 Club hanno un calendario di eventi rintracciabili sul sito e sulla pagina Facebook.

La Federazione ha realizzato una comunicazione coordinata per tutte le Unioni fornendo 3 filmati sulla figura femminile, pubblicati sul sito e sui Social il 3, il 5 e l’8 marzo.

Monza – 8 marzo, ore 20 – CLUB di Monza, presentazione del libro “Una rete di donne nel mondo”, con la partecipazione dell’autrice Annamaria Isastia

Toponomastica Femminile: 8 marzo, Roma. ore 18 presso Moby Dick – Biblioteca Hub Culturale “Strade e statue: nomi comuni maschili”

Toponomastica Femminile segnala “I linguaggi sessisti nella società”.

L’UDI Monteverde terrà un omaggio a Marisa Rodano, alle ore 17 presso la Sala Consiliare di Roma.

Università degli studi di Cassino – Cassino, 8 marzo, ore 10,30 “Tracce di donne ai tempi del Covid 19” Presentazione dell’instant book  a cura di Raissa Coletti. 

Università degli studi di Milano (per partecipare, scrivere a eventi.diritti@unimi.it


7 marzo
ore 16.30. Incontro online interateneo con la ministra Bonetti – Bilancio di genere e Gender Equality Plan al centro del confronto tra i sei Atenei del “Centro Culture di genere”.  https://lastatalenews.unimi.it/giornata-internazionale-donna-incontro-online-interateneo-ministra-bonetti 
ore 18 online su Microsoft Teams Linguaggio di genere: prospettive dai paesi tedescofoni e dall’Italia organizzato da Associazione Alumni DAAD Italia (ADIT)

8 marzo

ore 10.30, aula 400 e online (per partecipare, scrivere a eventi.diritti@unimi.it)
Diritti delle donne nella giurisprudenza costituzionale
a cura di Marilisa D’Amico – Dipartimento di Diritto pubblico italiano e sovranazionale
ore 12.30, aula 302 e online su Microsoft Teams (codice accesso tpybuzi)
La condizione della donna nella famiglia tra medioevo e prima età moderna
a cura di Angela M. Santangelo – Dipartimento di Diritto privato e storia del diritto
ore 15 – 17 online su Microsoft Teams. Registrati qui per partecipare
Donne che si ambientano. Le donne e l’ambiente: atmosfere, conversazioni, scenari
a cura di Francesca Caloni e Paola Fossati – Dipartimento di Scienze e politiche ambientali
ore 17.30, sala di rappresentanza, via Saldini 50
Lezioni Agnesi – Donne e MatematicaPrimo di un ciclo di seminari dedicati alla matematica milanese Maria Gaetana Agnesi
a cura della Commissione Politiche di Genere – Dipartimento di Matematica “F. Enriques”.

ZONTA AREA 03 / Distretto 28. Ogni  Club si attiva in via autonoma. Ecco due  delle iniziative: 

Zonta Club di  Cremona – 9 marzo-ore 11 – “Amalia Ercoli Finzi – La signora delle Comete“


9 marzo, ore 18,30. Assegnazione della Borsa di studio intitolata ad Amelia Earhart

ASviS – 8 marzo: “Indipendenza economica e welfare, così costruiamo la parità”

Infine:  Venerdì 11 marzo, presso il Portico del Rettorato dell’Università La Sapienza – ore 15.45 “Questione di leadership” nell’ambito di Obiettivo 5 – Campus per la parità di genere organizzato da” Il Corriere della Sera, La 27esima Ora, IO Donna, Le Contemporanee e La Sapienza”- . È previsto l’intervento di Rosanna Oliva de Conciliis. 

Segnaliamo inoltre che il CNDDU – Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina di Diritti Umani negli ultimi anni ha lanciato l’iniziativa Mimose di acciaio per permettere agli studenti e alle studentesse della scuola italiana di conoscere storie di donne, come Franca Viola, Nilde Iotti, e tante altre che hanno contribuito al cambiamento della società e al progresso civile. Quest’anno il CNDDU ha segnalato come Mimosa di acciaio 2022 la nostra Presidente Rosanna Oliva de Conciliis.

RETE PER LA PARITA’: NO ALLA GUERRA!

Solidarietà con il popolo ucraino.

“Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra, per esempio la guerra”. Gianni Rodari

“Via la guerra dal mondo” diceva Lidia Menapace rileggendo in chiave internazionalista “L’Italia ripudia la guerra” che è il cardine dell’articolo 11 della Costituzione.

Online il volume “La riforma del cognome in Italia – tra diritto all’identità e promozione della parità di genere”

È disponibile online il volume La riforma del cognome in Italia – tra diritto all’identità e promozione della parità di genere, realizzato dall’Università di Tor Vergata, dall’Università della Tuscia e dalla Rete per la Parità, edito da Blonk.

Clicca qui per scaricare gratuitamente l’ebook in formato Pdf

La prima presentazione si è svolta il 4 febbraio scorso a cura dell’Ateneo di Tor Vergata all’interno dell’inaugurazione della seconda edizione del corso in “Cittadinanza Attiva e Paritaria. La decostruzione degli stereotipi sociali per prevenire e contrastare la violenza di genere”, il percorso formativo rivolto a coloro che desiderano acquisire una maggiore consapevolezza riguardo al tema della violenza di genere.  E’ possibile rivedere la presentazione sul canale YouTube dell’Ateneo.

Verso la riforma organica del cognome: all’esame del Senato i disegni di legge presentati

Qualcosa si muove in Parlamento a distanza di oltre cinque anni dalla sentenza della Corte costituzionale  n.286 del 2016 e a un anno dall’ultimatum che la Corte ha lanciato nel preannunciare di essere intenzionata a esaminare  l’intera  questione dell’assegnazione del cognome. 

Il 15 febbraio è iniziato innanzi alla Commissione Giustizia del Senato l’esame dei vari disegni di legge sulla riforma organica del cognome.

Non era accettabile che ancora per un tempo indefinito rimanesse  in vigore l’articolo 262 del Codice civile, una regolamentazione del cognome palesemente incostituzionale, lesiva dei diritti costituzionalmente garantiti della  tutela dell’identità personale (art. 2) e dell’uguaglianza davanti alla legge senza distinzione di sesso (art. 3).” dichiara Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente dell’associazione Rete per la Parità – e aggiunge: “Dobbiamo la svolta soprattutto  all’iniziativa della Corte che, di fronte all’inerzia del Legislatore, ha  sollevato l’intera  questione davanti a se stessa, un fatto rarissimo da un punto di vista procedurale e vogliamo ancora sperare che entro questa Legislatura il Parlamento approvi la necessaria riforma organica del cognome che da  anni la Rete per la Parità, con altre associazioni e con il supporto di giuriste e giuristi, richiede con forza. Una riforma che allinei l’Italia alla maggior parte degli altri paesi disponendo il doppio cognome per legge, salvo diversa concorde volontà di entrambi i genitori. Se, invece, il Legislatore continuasse a non agire, comunque una seconda sentenza della Corte colpirà e presumibilmente colpirà duro. Sarà finalmente spazzata via la lesione dei diritti all’identità di ogni persona e alla parità uomo-donna, tutelati da principi fondamentali della nostra Costituzione.” 

“La Rete per la Parità, nei suoi dieci anni dalla fondazione si è posta la modifica dell’attribuzione del cognome tra i principali obiettivi.” dichiara l’avvocata Antonella Anselmo che ha rappresentato la Rete per la Parità nel giudizio deciso con la sentenza della Corte costituzionale n. 286/2016 e aggiunge: “Finalmente vediamo concretizzarsi l’impegno delle Senatrici della Repubblica, convinte ad avviare l’iter parlamentare per la riforma organica del cognome. Iter che seguiremo con molta attenzione. È un incontro con la Storia: abbattere l’ultimo baluardo del patriarcato, un assetto arcaico che non è compatibile con i principi costituzionali e repubblicani, di dignità della persona, non discriminazione e uguaglianza tra i sessi, formale e sostanziale. L’attribuzione del cognome della madre, e non solo del padre,  è un riconoscimento formale doveroso, perché dà conto della piena identità e dignità sociale del figlio e della figlia e della parità dei genitori. Mi auguro che il legislatore ponga attenzione anche al linguaggio tecnico giuridico, necessariamente non discriminatorio e inclusivo, considerato che le rivoluzioni culturali si manifestano anche con la formulazione delle regole del patto sociale”.

Per saperne di più visita la pagina La riforma del cognome

Roma, 16 febbraio 2022

A San Valentino un dono d’amore: anche il cognome della madre insieme a quello del padre.

Giuliano Amato – un giurista attento al diritto all’uguaglianza da parte delle donne.

Domani la presentazione del libro “La riforma del cognome in Italia”

Si terrà domani, venerdì 4 febbraio, dalle 9.00 alle 13.00, la presentazione del volume “La riforma del cognome in Italia – tra diritto all’identità e promozione della parità di genere”, realizzato dall’Università di Tor Vergata, Grammatica e Sessismo e Rete per la Parità, edito da Blonk.

L’evento, che si terrà in streaming sul canale YouTube dell’Ateneo, servirà anche per inaugurare la seconda edizione del corso in “Cittadinanza Attiva e Paritaria. La decostruzione degli stereotipi sociali per prevenire e contrastare la violenza di genere”, il percorso formativo offerto dall’’Università di Roma “Tor Vergata” rivolto a coloro che desiderano acquisire una maggiore consapevolezza riguardo al tema della violenza di genere.

Programma dell’evento

Ore 9.00: Saluti istituzionali, a cura di Nathan Levialdi, Prorettore dell’Università di Roma Tor Vergata, e di Daniela di Ottavio, Delegata per l’equità ed inclusione dell’Università degli studi della Tuscia

Intervento a cura di Alessandra Filabozzi e Annalisa Fabretti

Interventi a cura dei referenti dei 4 moduli del corso CAP: Stefano Ciccone, Amalia Diurni, Pasquale Farsetti

Presentazione del volume La riforma del cognome in Italia, Milano, Blonk 2022: Carla Bassu, Rosa Oliva de Conciliis, Sonia Maria Melchiorre, Stefania Cavagnoli

Introduzione sul funzionamento della piattaforma didattica e sulla rilevazione delle presenze al corso CAP a cura di Federica Lorini

Introduce e modera Francesca Dragotto

Due importanti elezioni in contemporanea

Il 29 gennaio, con la conferma del Presidente Sergio Mattarella anche per il settennato 2022-2029, si è conclusa alla Camera la maratona di otto votazioni. Nei giorni scorsi l’altalena di notizie e dichiarazioni aveva portato a sperare che per la prima volta nella storia repubblicana potesse essere eletta una Presidente della Repubblica o del Consiglio.

Una vicenda che ha deluso le tante donne e anche gli uomini rispettosi della parità sancita dalla nostra Costituzione ma ancora lontana.

A questa delusione, però, si accompagna la constatazione positiva che la rielezione del Presidente Sergio Mattarella mantiene in questo alto ruolo un uomo “illuminato” che dedicò la Giornata dell’8 marzo 2019 al tragico tema della riduzione in stato di schiavitù delle donne e ha manifestato più volte particolare attenzione all’uguaglianza sancita dalla Costituzione. 

In particolare, nel discorso per la Festa della Repubblica del 2 giugno 2021, ha richiamato l’articolo 3 della Costituzione per una riflessione “su quanto sia lungo, faticoso e contrastato il cammino per tradurre nella realtà un diritto pur solennemente sancito” e aggiunto: “Questo principio, vero pilastro della nostra Carta, ha rappresentato e continua a rappresentare una meta da conquistare. Con difficoltà, talvolta al prezzo di dure battaglie. Per molti aspetti un cammino ancora incompiuto” citando anche la sentenza della Corte costituzionale del 1960 che aprì alle donne l’accesso a molti importanti uffici pubblici.

La giornata del 29 gennaio 2022 è segnata anche da un altro importante evento: l’elezione del Giudice Giuliano Amato alla Presidenza della Corte costituzionale. Come primo atto da Presidente, ha nominato vicepresidenti le giudici Silvana Sciarra e Daria de Pretis e il giudice Nicolò Zanon. 

Giuliano Amato, un giurista anche lui attento al diritto all’uguaglianza da parte delle donne, che ha dichiarato in molte occasioni il suo fermo convincimento della necessità di attuare in pieno il principio fondamentale dell’articolo 3 della Costituzione, si è adoperato per favorirlo e lo ha trattato a lungo anche nella conferenza stampa del 29 gennaio (al minuto 52.08).

Sappiamo quindi di poter avere anche nei prossimi anni il loro sostegno nell’impegno per ottenere la parità formale e sostanziale tra uomo e donna sancita dalla nostra Costituzione. 

A entrambi l’augurio di buon lavoro. 

Rosa Oliva

Quirinale, votano solo 6 donne su 58 tra i delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica

di Rosanna Oliva de Conciliis* Pubblicato su La 27esima Ora

II 18 gennaio si sono concluse le elezioni da parte dei Consigli regionali dei 58 delegati che costituiranno, insieme con il Parlamento, l’Assemblea chiamata al voto il 24 gennaio per il prossimo presidente della Repubblica. Le delegate sono 6 su 58, pari al 10,34% (qui, nell’ultima analisi curata da Daniela Domenici che ha raccolto i dati di genere, i nomi e partiti dei delegati e delle delegate regionali).
Per prassi consolidata i grandi elettori sono scelti in base alla carica ricoperta in sede regionale e, come avviene ogni volta che si considerano le funzioni di vertice nei vari ambiti, troviamo un quadro interamente o prevalentemente maschile.
La scarsa presenza di donne delegate è la fotografia di ciò che abbiamo nelle Regioni: i presidenti delle Giunte (salvo la presidente dell’Umbria) e i presidenti dei Consiglio (salvo nelle Regioni Emilia- Romagna e Puglia) sono tutti uomini (Presidenti Giunte e Consigli regionali).

Norme di garanzia di genere

Non può passare sotto silenzio che nell’Assemblea che eleggerà il presidente della Repubblica avranno pari diritto di voto i componenti di una parte, quella parlamentare, eletti mediante un sistema elettorale che prevede norme di garanzia di genere (Legge 3 novembre 2017, n. 165 “Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.”) e un’altra, quella regionale, la cui elezione si fonda sull’art. 83, comma 2 Cost., che non contiene analoghe norme per garantire l’equilibrio di genere. Appare evidente che ènecessaria la riforma del sopracitato comma 2 dell’articolo 83 della Costituzione per modificare in tutte le Regioni le norme per l’elezione dei delegati e delle delegate regionali. Una modifica che avrebbe un effetto diretto e cogente, diversamente da quelle intervenute nel tempo agli articoli 51 e 117 della Costituzione che hanno necessariamente rimandato a leggi ordinarie nazionali o regionali. L’esperienza di questi anni segna il cammino da percorrere. Un cammino che iniziamo con l’amarezza di chi conosce bene di quanti ostacoli sia disseminato finché prevarrà̀ nei luoghi decisionali, e in particolare nelle assemblee elettive nazionali e locali, una maggioranza di uomini controinteressati a disposizioni che introducono norme di garanzia di genere (le cosiddette quote rosa).

Uguaglianza non raggiunta

Suscita sdegno dover constatare che ancora, a oltre 73 anni dall’entrata in vigore della Costituzione, l’uguaglianza formale e sostanziale tra i sessi non è stata raggiunta e non è rispettato il principio fondamentale sancito dall’articolo 3, ribadito dal sopracitato articolo 51 per l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive e, per il livello regionale, dal sopracitato art. 117. Si tratta di disposizioni ulteriormente rafforzate dalle integrazioni all’articolo 51 contenute nella Legge costituzionale n.1/2003: “La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini per l’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive” e all’articolo 117 con la Legge costituzionale n. 3/2001: “Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”.

Una legge ordinaria non basta

Per eliminare questo deprecabile vulnus all’uguaglianza tra i sessi per le future elezioni del presidente della Repubblica, non basterebbe una legge ordinaria, come dimostrato dallo scarso effetto della Legge n. 20 del 15 febbraio 2016 che ha modificato l’art. 4 della Legge n° 165/2004e non è riuscita a far introdurre, in modo omogeneo, in tutte le Regioni norme di garanzia di genere, qualunque sia il sistema elettorale adottato. Alcune Regioni si sono opposte e si appellano alla loro autonomia. Un’autonomia che però non è assoluta, come non lo èquella del Parlamento, perché l’articolo 117 Cost. dispone che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato e dalle Regioni “nel rispetto della Costituzione, nonché́ dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Non basterebbe, quindi, una legge nazionale ordinaria e una iniziativa Regione per Regione avrebbe tempi lunghi, come dimostrato da quella per far inserire la doppia preferenza e la par condicio di genere nelle leggi elettorali regionali, ancora non conclusa a dodici anni di distanza. Una vicenda esemplare, da far conoscere, in cui la prima tappa fu raggiunta nel 2009, con l’approvazione della legge regionale della Campania che introdusse la doppia preferenza di genere e la par condicio nelle campagne elettorali (Vedi Art.4, comma 3, della L.R. Campania n.4 del 2009).

Il movimento delle donne

Da allora la mobilitazione del movimento delle donne è stata costante, come costante è stato l’impegno della Rete per la Parità e DonneinQuota. Eppure sono ancora inadempienti le Regioni autonome a statuto speciale Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta, nonché il Piemonte, nonostante le sopracitate norme costituzionali (articoli 3, 51 e 117) e la legge n° 20/2016. A riprova della pervicacia maschilista e del sessismo imperante, il 24 marzo 2021 il Consiglio del Friuli-Venezia Giulia (solo 6 donne su 49 consiglieri) ha bocciato ancora una volta, a distanza di due anni, la proposta di introdurre la doppia preferenza di genere. E va ricordato quanto accaduto in Liguria, Puglia e Calabria, dove l’impegno pluriennale di un movimento civico e trasversale delle donne in politica, delle associazioni e delle parti sociali, non sarebbe riuscito a produrre alcun risultato senza la diffida e l’intervento nel 2020 del Governo con i propri poteri sostitutivi (Decreto Legge). I risultati finora ottenuti, grazie a sentenze della Corte costituzionale e per l’impegno del movimento delle donne, non hanno ancora coperto tutti gli ambiti, come dimostrato proprio dalla questione che stiamo esaminando, tra l’altro finora poco approfondita anche in dottrina.

Par condicio di genere

Altro esempio di ostacoli è quello della scarsa efficacia della norma ottenuta nel 2012 per la cosiddetta par condicio di genere. Una norma che ha lo scopo di equilibrare la presenza di uomini e donne nei mass media durante le campagne elettorali, introdotta con la Legge n. 215 del 2012 che ha aggiunto nella Legge n. 28/2000 sulla par condicio politica all’articolo 1 il comma 2-bis: “Ai fini dell’applicazione della presente legge, i mezzi di informazione, nell’ambito delle trasmissioni per la comunicazione politica, sono tenuti al rispetto dei principi di cui all’articolo 51, primo comma, della Costituzione, per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini”. Negli anni, purtroppo, si sono ridimensionate le aspettative collegate a questa norma, approvata grazie all’impegno delle parlamentari e alle pressioni del movimento delle donne.

Proposta di legge costituzionale

In conclusione, solo la riforma del sopracitato articolo 83, comma 2 della Costituzione potrebbe modificare in tutte le Regioni il sistema di elezione dei delegati e delle delegate, garantendo anche in questo ambito l’equilibrio di genere. L’iter dell’approvazione èlungo e forse non si può sperare nel completamento in questa Legislatura ma è bene tener presente che alla Camera è in corso di avanzata discussione una proposta di legge costituzionale (Atto Camera 2238: “Modifiche agli articoli 57 e 83 della Costituzione, in materia di base territoriale per l’elezione del Senato della Repubblica e di riduzione del numero dei delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica”). I firmatari sono: Federico Fornaro, Maria Elena Boschi, Graziano Delrio, Renate Gebhard, Francesco Silvestri, Stefano Ceccanti, Marco Di Maio, Anna Macina. L’articolo 2 della proposta, presentata per adeguare alla riduzione del numero dei parlamentari la normativa del sopracitato articolo 83, comma 2, Cost, prevede l’elezione di due delegati per ciascuna Regione, salvo la Valle D’Aosta, e alcuni emendamenti propongono di aggiungere anche il Trentino-Alto Adige tra le Regioni con un solo delegato. Equiparazione non accettabile oltre che dal punto di vista dell’estensione territoriale e della popolazione (Trentino Alto Adige – 1.078.746 abitanti – superficie 13.607 km2; Valle D’Aosta – 124.089 abitanti – superficie – 3.263 km2), anche perché trascura la peculiarità̀del Trentino Alto Adige, contraddistinto dalla presenza di due Province Autonome basate su una rilevante diversità etnica.

Assicurare l’equilibrata presenza dei due sessi

La proposta di legge costituzionale è in fase avanzata di discussione alla prima Commissione Affari Costituzionali e preoccupa che i firmatari si siano posti il solo scopo di non subire la riduzione del proprio peso rispetto a quello delle Regioni nell’elezione del presidente della Repubblica e che non abbiano considerato che la riduzione a due delegati per Regione farebbe venire meno l’attuale giustificata diversa rappresentanza numerica della maggioranza e dell’opposizione. È altrettanto inaccettabile che non si sia colta l’occasione della modifica dell’articolo 83, comma 2 Cost. per integrarlo con una disposizione che assicuri l’equilibrata presenza dei due sessi come previsto per le assemblee elettive dagli articoli 51 e 117 della Costituzione novellati. Tornando alla questione piùgenerale, va detto che la situazione per questo caso e altri, potrebbe cambiare se si estendessero le norme di garanzia di genere anche alle alte cariche statali e locali. La situazione attuale dimostra che le donne saranno sempre pochissime se non si va verso una gestione duale, sull’esempio dei due Capitani reggenti della Repubblica di San Marino o, ancora meglio, degli scout che esprimono tra i suoi capi una capo gruppo e un capo gruppo.

Il caso di San Marino

Dalle analisi fatte da Daniela Domenici sulla presenza dei presidenti della Repubblica e presidenti del Consiglio nell’Ue, in Europa e negli altri continenti, la Repubblica di San Marino risulta tra i Paesi europei con il maggior numero di presidenti donna pur non essendo imposta la presenza di entrambi i sessi (Presidenti e prime ministre nei Paesi europei). Il tema della presenza delle donne nelle cariche apicali èall’esame del Senato grazie al Ddl S. 1785 Norme per la promozione dell’equilibrio di genere negli organi costituzionali, nelle autorità̀ indipendenti, negli organi delle società controllate da società a controllo pubblico e nei comitati di consulenza del Governo”. Prima firmataria Roberta Pinotti. Non sono previste modifiche alle norme nésull’elezione dei presidenti di Regione e dei sindaci né per rendere piùcogenti le disposizioni della Legge Delrio sulle Giunte che sono spesso disattese. Una lacuna che potrebbe essere colmata in sede di discussione.

Un’azione a largo raggio

Partendo dalla questione delle delegate regionali si è arrivati alla disamina di molte altre questioni ancora non risolte relative alla parità di genere. In conclusione, occorre un’azione a largo raggio e impegnativa, complessa e fortemente contrastata, come dimostra l’esperienza di questi anni. Un’azione che, come spesso avviene affrontando questioni relative alla parità di genere, dimostra la necessità di approfondire aspetti più generali riguardanti criticità dell’intero assetto democratico. Senza la parità di genere non c’è democrazia e la condizione delle donne è la punta di un iceberg di più profonde carenze e squilibri di democrazia.

* Rosanna Oliva de Conciliis è presidente della Rete per la Parità Italia

Le Regioni non sono un territorio per donne

di Annunziata Puglia* Pubblicato su La 27esima Ora

Sembra proprio che in Italia l’ambito regionale sia quello in cui è più difficile la realizzazione della parità di genere nella rappresentanza coniugata secondo diverse prospettive. In prossimità delle elezioni del presidente della Repubblica viene in rilievo il dato della scarsa presenza femminile tra i designati regionali ai sensi dell’articolo 83 della Costituzione. «Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta a un solo delegato».

L’elezione dei delegati regionali non è al momento ancora completata ma si prevede che la presenza femminile tra i designati non supererà la percentuale del 10%, come nelle due precedenti elezioni. Questo dato senza dubbio sconfortante e d’altra parte coerente con una realtà di rappresentanza femminile nei Consigli regionali che l’Eige (European Institute for Gender Equality) attesta per Il 2020 al 19,7 % a fronte di una presenza a livello parlamentare pari al 33,3%.

Una presidente donna

Va rammentato anche che su 21 Regioni solo in Umbria la presidente è donna. Anche nelle elezioni che nel settembre 2021 si sono tenute in sette Regioni, gli esiti per quanto riguarda la rappresentanza femminile non si discostano dal quadro generale sopra riassunto, connotato da un grave gender gap. Le consigliere elette sono state in Campania 8 su 50, in Liguria e 3 su 30, nelle Marche 8 su 30, in Valle D’Aosta 4 su 36, in Puglia 8 su 50, in Toscana 16 su 40 e in Veneto 17 su 50. Nessuna donna è stata eletta presidente sebbene concorressero per tale carica in cinque Regioni. Da sempre come Rete per la Parità, insieme con DonneinQuota, abbiamo posto particolare attenzione alla situazione della rappresentanza femminile nelle assemblee regionali spingendo e sostenendo tutte quelle di forme di intervento ( legislativo costituzionale e ordinario, giurisprudenziale e amministrativo) che, nel corso di un ventennio si sono susseguite al fine di garantire una effettiva parità di genere in sede di rappresentanza politica amministrativa.

Promuovere pari opportunità

Va ricordato come a tal fine siano intervenute riforme costituzionali (modifica degli articoli 51 e 117 della Costituzione), sentenze costituzionali e leggi ordinarie tese da una parte a sancire come principio cogente del nostro ordinamento l’obbligo di promuovere le pari opportunità per l’effettiva partecipazione delle donne alle cariche elettive regionali e dall’altro ad individuare gli strumenti tecnici che adeguassero gli ordinamenti regionali, e in particolare le leggi elettorali delle regioni, a tale principio, rendendolo effettivo. Basti a questo riguardo ricordare le mancate attivazioni da parte di diverse regioni pur dopo riforme costituzionali che avevano modificato gli articoli 51 e 117 della Costituzione e leggi quali la n. 215 del 2012 che aveva richiamato i legislatori regionali in modo più generico al rispetto del suddetto principio. Scarso il risultato della promozione della parità di accesso per donne e uomini alle cariche elettive che si era prefisso la legge del 2016, che modificando l’art 4 della legge n. 165 del 2004 alla lettera c- bis ha fissato in modo puntuale, in relazione ai diversi sistemi elettorali, le modalità secondo cui attuare il principio di pari opportunità uomo/donna nell’accesso alle cariche elettive regionali.

Alternanza di genere

Secondo tale legge «1) qualora la legge elettorale preveda l’espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedono i 60% del totale e sia consentita l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima; 2) qualora siano previste liste senza espressione di preferenza la legge elettorale disponga l’alternanza tra candidati di sesso diverso in modo tale che i candidati di un sesso non eccedono i 60% del totale; 3) qualora siano previsti collegi uninominali, la legge elettorale disponga l’equilibrio tra candidature presentate con il medesimo simbolo in modo tale che i candidati di un sesso non eccedono i 60% del totale». Anche a fronte di tale intervento puntuale la risposta delle diverse Regioni ordinarie per lo più con sistemi elettorali proporzionali con liste non bloccate, è risultata variegata, con leggi elettorali regionali che prevedono liste elettorali con pari numero di candidati dei diversi generi, altre leggi con liste in cui i candidati di un genere non possono superare la quota del 60%, leggi in cui nelle liste oltre alla completa parità tra candidati di genere diverso si prevede pura l’alternanza di genere nella relativa composizione.

Doppia preferenza di genere

Quanto alla doppia preferenza di genere va rilevato che anche l’applicazione di tale previsione ha incontrato difficoltà e resistenze fino a provocare un intervento sostitutivo da parte del governo nei confronti della Regione Puglia. Allo stato attuale le regioni ordinarie, ad eccezione del Piemonte, contemplano tale previsione nelle loro leggi elettorali. Le regioni a Statuto speciale, con l’eccezione della Sardegna, costituiscono invece un mondo a sé, in cui la doppia preferenza di genere non è ancora contemplata. Questa diversa coniugazione a livello nazionale del principio delle pari opportunità uomo /donna nell’accesso alle cariche elettive regionali comporta diversità di esiti, nelle varie regioni, nell’attuazione della parità di genere nella composizione delle assemblee regionali che, come detto, nel complesso si attesta a livello nazionale, all’insoddisfacente livello del 19,7% di consigliere regionali. Certo vanno registrati i progressi nel tempo realizzati, come l’incremento delle candidate nelle elezioni regionali, ma vanno anche considerate le resistenze e le difficoltà frapposte nelle Regioni alla realizzazione delle parità di genere nelle assemblee elettive, e ciò mediante disapplicazione ed elusioni dei principi costituzionali fissati al riguardo negli articoli 3, 51 e 117 della Costituzione.

Il governo del territorio resta “un affare da uomini”

Il terreno regionale appare attualmente quello più accidentato nella realizzazione di una rappresentanza di genere equilibrata nelle Assemblee elettive e la stretta contiguità tra territorio e assemblee regionali comporta un’incisività altamente negativa anche in termini culturali, oltre che politici, sulla considerazione collettiva del ruolo delle donne nella nostra società in generale e, in particolare, nel governo del territorio , che resta sostanzialmente “un affare da uomini”. È così dunque che assistiamo alla designazione dei “grandi elettori” regionali per l’elezione del presidente della Repubblica in cui le donne sono uno sparuto drappello senza che ciò provochi adeguate considerazioni e reazioni. Ma quale potrebbe essere l’intervento per ovviare a ciò? È necessario attendere l’incremento della presenza femminile nelle assemblee regionali o avanzare richieste immediate di correttivi che nella designazione dei grandi elettori regionali sia contemplata la necessità di assicurare una equilibrata rappresentanza di genere oltre che delle “minoranze”? E parlando di “minoranze”, come va intesa la minoranza di genere così rilevante nelle assemblee regionali?

Dati elaborati da Daniela Domenici, pubblicati sul sito Daniela e dintorni

*Annunziata Puglia è responsabile area Rappresentanza e Leadership della Rete per la Parità