Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Quali azioni dopo i cortei?

Quest’anno il femminicidio di Giulia Cecchettin ha avuto un effetto dirompente. Ci sarà un prima e un dopo nell’impegno  per l’eliminazione della violenza contro le donne in Italia.
Dal 26 novembre 2023, donne e uomini, individualmente o nelle associazioni e nei gruppi, con una maggiore consapevolezza e più numerosi, cercheranno di trovare le risposte a una serie di interrogativi vecchi e nuovi.

Facciamo rumore Le ragazze e i ragazzi hanno rifiutato il minuto di silenzio. Il fragore delle loro mani battute sui banchi ha segnalato in contemporanea la loro  volontà di affrontare insieme la sfida e la chiamata alla responsabilità delle persone adulte.

Fenomeno intollerabile dichiara Giorgia Meloni.

Ora basta! è il grido lanciato dalle donne (e alcuni uomini) del PD.

E noi aggiungiamo: Non basta!

La nostra è una società divisa dove, più ancora della contrapposizione tra uomini e donne, pesano le differenze di età e di convinzioni politiche.Non c’è da illudersi. Le forze politiche non sono pronte a impegnarsi  in modo unitario evitando le dinamiche proprie dello scontro politico. Il voto unanime in Parlamento sulla legge per il contrasto alla violenza contro le donne e domestica e la disponibilità della destra al Governo a organizzare iniziative per l’educazione affettiva nelle scuole sono stati ridimensionati immediatamente. Il protocollo d’intesa siglato dai Ministri Roccella, Valditara e Sangiuliano ha suscitato molte proteste. Gli interventi nelle scuole non possono essere facoltativi e devono coinvolgere anche i docenti e i genitori che devono  essere informati e formati sulle caratteristiche che sta assumendo la violenza e messi  in grado di cogliere i comportamenti spia che devono suscitare allarme e di intervenire nella maniera più utile.  

Non basta l’impegno ad approvare in tempi brevi le altre disposizioni che non sono state inserite in questa legge. Non hanno rilevanza le prime dichiarazioni “formali” di Giorgia Meloni ed Elly Schlein. La vera risposta arriverà se e quando le donne nel Governo e nel Parlamento riusciranno, mettendo da parte le differenze di appartenenza politica, a trovare di nuovo quello spirito unitario per combattere la violenza sulle donne che portò nel 1996, grazie all’impegno soprattutto delle donne della destra, a far inserire nel Codice penale la violenza sessuale come reato contro la persona e non come delitto contro la moralità pubblica e il buon costume.

Lo devono, lo dobbiamo a Giulia Cecchettin e a tutte le altre.

La Rete per la Parità continuerà a fare la sua parte. Marcheremo il   Governo e il Parlamento, coinvolgeremo nel gruppo di pressione ancora altre associazioni, università, esperte ed esperti. Troveremo la forza nei principi della Costituzione repubblicana. Seguiremo le tre linee guida che la Rete per la Parità si è data fin dalla sua fondazione per combattere discriminazioni, violenze e sopraffazioni in ogni ambito.

Mai più portatrici d’acqua, Mai più donne invisibili e Mai più discriminate sul lavoro.

A che punto siamo con la normativa per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne?

Domande e risposte a cura di Rosanna Oliva de Conciliis e Annunziata Puglia

Entro il 25 novembre il Parlamento approverà altre disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e domestica. Come si è arrivati a questa legge?

È stata una lotta contro il tempo iniziata alla Camera alla ripresa dei lavori dopo le ferie per recuperare i ritardi tra l’approvazione a giugno da parte del  Consiglio dei ministri del Disegno di Legge per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, avvenuta  pochi giorni dopo l’efferato femminicidio di Giulia Tramontano, e il deposito del testo pervenuto alla Camera in agosto soltanto  pochi giorni prima dell’interruzione dei lavori per la pausa estiva. 
Non si ha motivo di dubitare, perché lo ha dichiarato la Premier Giorgia Meloni, che sarà approvata dall’Assemblea del Senato entro il 25 novembre, all’unanimità come è già avvenuto lo scorso 26 ottobre alla Camera dei deputati.
Il necessario passaggio nella Commissione Giustizia sarà puramente formale. Alla Camera invece, sia pure nei  tempi brevi imposti dalla maggioranza, il Disegno di legge del Governo “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” (C1294) è stato esaminato e discusso  nella Commissione Giustizia insieme con i progetti di legge abbinati C. 439 Elena Bonetti Italia Viva , C. 603 Stefania Ascari M5S , C. 1245 Sara Ferrari PD, tutti ispirati al contenuto della relazione finale elaborata nella precedente Legislatura dalla “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere” del Senato.
Sono emerse possibili integrazioni al testo del Governo indicate nelle proposte d’iniziativa parlamentare o segnalate durante il  breve ciclo di audizioni al quale abbiamo partecipato  come Rete per la Parità insieme con altre  associazioni impegnate contro la violenza e per la parità di genere, sindacati e componenti del Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica presieduto dalla Ministra  Roccella.

Rispetto al testo originale proposto dal Governo, si è avuto un ampliamento degli interventi da operare a tutela delle vittime di violenza.

Tra le disposizioni accolte figurano alcune di quelle suggerite dalla Rete per la Parità nel corso dell’audizione e contenute nella memoria prodotta in tale sede.: 

  • la  specifica formazione per tutti gli operatori (sociali, delle forze di polizia e della magistratura) che vengano in contatto con le vittime di violenza;
  • la necessità di prevedere un accreditamento delle associazioni e centri che svolgono i corsi di recupero nei confronti degli uomini autori di violenza e l’emanazione, anche in questo caso, di apposite linee guida, al fine, appunto, di garantire omogeneità dell’attività di questi corsi e l’idoneità degli stessi per l’effettivo raggiungimento del recupero dei violenti.

Quali disposizioni non sono invece state inserite nel testo poi approvato all’unanimità?

Persistono degli importanti vuoti normativi su temi cruciali nella lotta alla violenza che la maggioranza non ha ritenuto di dover affrontare, sebbene evidenziati sia durante le audizioni, sia in alcune delle proposte di iniziativa parlamentare in discussione.
La mancata previsione di appositi fondi ha impedito, in particolare, l’estensione anche in sede civile del patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dal reddito, in favore delle donne vittime di violenza, proposta dalla Rete per la Parità in sede di audizione.
Difficile motivare, invece, perché non sia stata prevista la nomina, da parte del Governo, di Commissari ad acta per assicurare la tempestiva erogazione dei fondi per garantire, in tutte le Regioni, il funzionamento dei Centri antiviolenza, presidi fondamentali nella lotta alla violenza contro le donne.
Nel corso della discussione parlamentare, come durante le audizioni, è stato giustamente evidenziato che “la violenza sulle donne è un fenomeno criminale ma soprattutto culturale”.
Nonostante ciò, non è stata riconosciuta l’impellente necessità di procedere con interventi anche a livello di formazione  scolastica, mediante la istituzione di corsi curricolari di educazione affettiva e sessuale per gli studenti, così da fornire alle giovani generazioni una educazione alla relazione di genere capace di costruire rapporti affettivi corretti e rispettosi delle differenze e della libertà delle donne, eliminando definitivamente principi e stereotipi della cultura patriarcale di cui la nostra società è tuttora profondamente imbevuta.
Gli interventi nelle scuole dovrebbero coinvolgere anche soggetti adulti, i docenti e i genitori che spesso hanno bisogno anche loro di essere informati e formati sulle caratteristiche che sta assumendo la violenza.
In genere manca la capacità di cogliere negli studenti e nei figli comportamenti spia che dovrebbero suscitare allarme in quanto sono forme  di violenze che possono in alcuni casi portare a comportamenti estremi. Forse se i genitori dell’assassino di Giulia Cecchettin avessero avuto tale consapevolezza la tragedia sarebbe stata evitata.
È forse è frutto proprio della persistenza di questo orientamento culturale patriarcale ed omocentrico  anche la scelta effettuata dalla maggioranza in sede di discussione, di rigettare la proposta di sostituire nel corpo dell’art 575 del Codice penale, che punisce l’omicidio, la parola “uomo” con la parola “persona”, mediante un intervento lessicale semplicissimo, che avrebbe posto al centro della tutela la persona, indipendentemente dal genere di appartenenza; mutamento tanto più significativo in relazione  alle vicende di cronaca quotidiana, che  ci mostrano come spesso la vittima degli omicidi sia una donna.
Non è passata la nostra proposta di far presentare ogni anno al Parlamento una Relazione sul fenomeno della violenza.
Da notare che le proposte non approvate in Commissione sono state presentate dai Gruppi di minoranza di nuovo all’Assemblea che però le ha respinte dopo confronti accesi, in particolare per la proposta di introduzione nelle scuole dell’educazione affettiva e sessuale. L’esame si è concluso con la presentazione di numerosi Ordini del giorno da parte della minoranza, di cui solo pochi sono stati accolti.

Sono proposte definitivamente affossate?

Non saranno aggiunte nella legge all’esame ora del Senato, perché il testo è ”blindato” ma saranno di nuovo proposte in altri DDL di iniziativa parlamentare. Anzi, alcune proposte fanno già parte del DDL n. 754, prima firmataria la Senatrice di Fratelli d’Italia Susanna Donatella Campione e cofirmato da molti senatori e senatrici del gruppo. Nel testo, presentato a giugno poco dopo quello approvato nel Consiglio dei ministri, si prevede tra l’altro l’inserimento dell’educazione alla prevenzione e al riconoscimento della violenza contro le donne come parte fondamentale del programma di educazione civica e la definizione delle iniziative per la sensibilizzazione della collettività sul tema. In un altro articolo si prevede che ogni anno il Parlamento riceva una Relazione sul fenomeno della violenza, proprio come proposto dalla Rete per la Parità in audizione alla Commissione Giustizia Camera. Si prevede inoltre una copertura finanziaria di 10 milioni di euro per ciascun anno nel triennio 2023/2025 con reperimento dei fondi mediante la riduzione dello stanziamento del fondo speciale in conto capitale dell’accantonamento relativo al Ministero di Giustizia.

Quali altri provvedimenti la Rete per la Parità ritiene necessari per contrastare la violenza sulle donne?

Nella memoria depositata presso la Commissione Giustizia della Camera abbiamo avanzato alcune puntuali richieste.

Risorse finanziarie. È necessario che nella legge di bilancio di imminente approvazione siano individuate le risorse per assicurare l’applicazione delle nuove disposizioni che investono varie competenze delle Amministrazioni centrali e per evitare che l’assenza di appositi finanziamenti possa impedire o inficiare l’attuazione delle stesse.

Sulla Vittimizzazione secondaria. I casi in cui le responsabilità sono spostate dall’aggressore alla vittima sono talmente diffusi nei Media e nei Tribunali italiani da aver causato duri richiami da parte della Corte europea dei diritti umani (CEDU) e del Comitato CEDAW delle Nazioni Unite.

Il fenomeno della vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale ha gravi ripercussioni anche sui figli, ed è stato preso in considerazione durante l’iter della riforma del processo civile dall’allora Ministra della Giustizia Marta Cartabia, che intervenne anche nella Commissione di indagine sul femminicidio del Senato.

L’emanazione del D. Lgs n. 149/2022 (Riforma del processo civile), che nel Titolo IV bis ha introdotto una nuova normativa in materia di persone, minorenni e famiglia, fa sperare che le distorsioni in questione possano essere ridotte o eliminate. Perché questo avvenga va disposto che la Commissione parlamentare di indagine sul femminicidio effettui un puntuale monitoraggio dell’applicazione della nuova disciplina per verificare se e in che proporzione contribuisca all’eliminazione di tali forme di violenza istituzionale. Inoltre, il monitoraggio deve essere effettuato anche sullo stato dei procedimenti precedenti esaminati nella scorsa Legislatura dalla Commissione d’indagine del Senato, considerata la gravità e il numero delle situazioni problematiche emerse e ancora non definite.

Monitoraggio dell’applicazione della normativa in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere e domestica. Va prevista una relazione annuale al Parlamento da parte della/del Ministra/o per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, di concerto con i Ministri dell’Interno, della Giustizia, della Salute e dell’Istruzione e del merito.

Sicurezza. Contrastare la violenza significa anche prevenirla. È noto che a volte i femminicidi e gli episodi di violenza familiare sono posti in essere da soggetti che, pur trovandosi in situazioni di squilibrio psichico, continuano a detenere armi. Occorre modificare la normativa relativa al possesso e alla detenzione delle armi da fuoco, introducendo disposizioni più incisive, a salvaguardia della sicurezza. Apprezzabile l’iniziativa del Sen. Walter Verini, primo firmatario del DDL n. 78, “Disposizioni in materia di controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d’armi”, all’esame della Commissione Giustizia del Senato. Le nuove disposizioni dovrebbero prevedere un maggiore controllo sia al momento del rilascio delle autorizzazioni per la detenzione/porto delle armi, sia nei periodi intercorrenti tra il rilascio e i successivi rinnovi, indipendentemente dalla finalità per le quali le armi stesse siano detenute (difesa, caccia, pratica sportiva, collezionismo e anche per motivi di servizio) e dalle loro differenze tecniche. Deve essere inoltre garantito un controllo costante della permanenza dei requisiti psicofisici e neurologici/psichiatrici accertati da un Collegio medico al momento del rilascio del porto d’armi o della autorizzazione alla detenzione. Per consentire ai medici di medicina generale di monitorare i soggetti che detengono armi deve essere introdotto un sistema che preveda l’attribuzione di un codice al momento del rilascio del porto d’armi o della autorizzazione alla detenzione e consentirà ai medici di medicina generale di monitorare i soggetti che detengono armi. Nel momento del riscontro di turbe psichiche/neurologiche o comportamentali il medico potrà richiedere tempestivamente una verifica da parte del Collegio medico.

Sono state numerose le leggi emanate negli ultimi anni per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne, come il cosiddetto Codice Rosso”. Quali sono le principali?

Il Legislatore recentemente è intervenuto nuovamente sulla materia con la L. 8 settembre 2023, n. 122  istituendo un nuovo dovere di vigilanza dei Procuratori della Repubblica e dei Procuratori Generali sul rispetto del termine dei tre giorni per l’assunzione delle informazioni da parte delle vittime di tali reati, con possibilità di revocare l’assegnazione del procedimento al singolo magistrato in caso di mancato rispetto del termine. Una riforma che tuttavia presenta più criticità che aspetti positivi.

L’evoluzione della normativa italiana in materia di violenza sulle donne inizia con  la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica , ratificata con la legge n. 77 del 2013). Col  decreto-legge n. 93 del 2013, adottato a pochi mesi di distanza dalla ratifica della Convenzione, sono state introdotte  modifiche in ambito penale e processuale e prevista l’adozione periodica di Piani d’azione contro la violenza di genere.

Nella XVIII legislatura il Parlamento ha approvato la legge n. 69 del 2019, nota come “Codice rosso“, che introduce misure di carattere penale e processuale volte alla prevenzione dei reati di violenza di genere, alla protezione delle vittime e alla punizione dei colpevoli.

La legge ha introdotto alcuni nuovi reati (deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate – c.d. “revenge porn”, costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) e ha inasprito le pene di reati già esistenti (maltrattamenti contro familiari e conviventi, atti persecutori, violenza sessuale in danno di minori, aggravante per atti sessuali con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, estensione dell’ambito di applicazione dell’omicidio aggravato dalle relazioni personali).

Inoltre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere attraverso un maggiore coordinamento di tutti i soggetti coinvolti.

Nella legislatura corrente, sono state approvate la legge n. 12 del 2023, che prevede l’istituzione di una Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. e la recente legge n. 122 del 2023 che interviene nella procedura da seguire nei procedimenti per delitti di violenza domestica e di genere, disponendo che, qualora il Pubblico Ministero .non abbia rispettato il termine di 3 giorni imposto dalla legge n. 134 del 2021, il Procuratore della Repubblica possa revocare l’assegnazione del procedimento al magistrato designato ed assumere senza ritardo le informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell’ufficio.)

Quali sviluppi avrà l’iniziativa di Paola Cortellesi, attrice e regista del film “C’è ancora domani” che, all’indomani dell’efferato omicidio di Giulia Cecchettin, si è rivolta a Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio ed Elly Schlein, segretaria del maggior partito di opposizione, chiedendo loro di pensare a “un progetto, un accordo su temi che le riguardano entrambe, come la prevenzione dei femminicidi, a partire dalla scuola.”?

La violenza contro
le donne lede la pienezza della loro cittadinanza: tale riconoscimento dovrebbe portare tutte le forze politiche a combatterla in modo unitario sottraendola alle dinamiche proprie dello scontro politico. Non hanno rilevanza le prime dichiarazioni “formali” di Giorgia Meloni ed Elly Schlein. La vera risposta arriverà se e quando le donne nel Governo e nel Parlamento riusciranno, mettendo da parte le differenze di appartenenza politica, a trovare di nuovo quello spirito unitario per combattere la violenza sulle donne che portò nel 1996, grazie all’impegno soprattutto delle donne della destra, a far inserire nel Codice penale la violenza sessuale come reato contro la persona e non come delitto contro la moralità pubblica e il buon costume.Lo sapremo presto: durante l’approvazione all’unanimità del testo pervenuto dalla Camera il Senato potrebbe  approvare un ordine del giorno bipartisan  con l’impegno ad approvare in tempi brevi le altre disposizioni che non sono state inserite in questa legge.

Lo devono, lo dobbiamo a Giulia Cecchettin.

Buon lavoro alla Commissione d‘indagine sulla violenza contro le donne.

Il 30 agosto si riunirà l’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione bicamerale d‘indagine sulla violenza contro le donne, presieduta dall’ on.le Martina Semenzato.

Inizia la fase operativa della Commissione e immaginiamo che quel giorno sarà concordato un calendario delle riunioni con i temi da trattare. Tra i primi crediamo ci sarà quello di come impostare i lavori per seguire con la necessaria tempestività l’iter in Parlamento del Disegno di legge C 1294 “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”, approvato il 7 giugno scorso dal Consiglio dei ministri e depositato alla Camera in agosto.

Con il provvedimento, il Governo intende:
• velocizzare le valutazioni preventive sui rischi che corrono le potenziali vittime di femminicidio o di reati di violenza contro le donne o in ambito domestico;
• rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva;
• rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati a danno delle donne e la recidiva;
• migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza.

Il problema del deposito alla Camera anziché al Senato che avevamo segnalato in un nostro articolo sulla Stampa è stato affrontato dai 2 presidenti. Già all’inizio di settembre, alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, dovrebbe iniziare l’esame della proposta governativa in Commissione Giustizia Camera, insieme con la proposta C 439 dal titolo e contenuto analogo, di cui è prima firmataria l’ex ministra Bonetti.

Dopo l’approvazione da parte della Camera il testo potrebbe arrivare al Senato in tempi brevi, tenuto conto delle dichiarazioni sull’urgenza che accompagnarono già l’approvazione a giugno del DDL in Consiglio dei ministri, e la disponibilità anche dei gruppi dell’opposizione.

Ci auguriamo che parallelamente la Commissione possa predisporre un atto di indirizzo con le proprie indicazioni al riguardo che potrebbe essere utile, considerata la complessità dell’intervento.

Questa la composizione della Commissione:
Presidente – Martina Semenzato (Noi moderati).
Vicepresidenti – Cecilia D’Elia (PD) e Laura Ravetto (Lega).
Segretarie – Luana Zanella (deputata di Avs) e Elena Leonardi (Senatrice FDI).
Membri Senatori: Renato Ancorotti, Michaela Biancofiore, Anna Bilotti, Susanna Donatella Campione, Giulia Cosenza, Ilaria Cucchi, Anna Maria Fallucchi, Annamaria Furlan, Alessandra Maiorino, Clotilde Minasi, Daniela Sbrollini, Daniela Ternullo, Elena Testor, Paolo Tosato, Julia Unterberger, Valeria Valente.
Membri Deputati: Cristina Almici, Stefania Ascari, Maria Cristina Caretta, Maria Rosaria Carfagna, Rita Dalla Chiesa, Sara Ferrari, Antonella Forattini, Renate Gebhard, Valentina Ghio, Elisabetta Christiana Lancellotta, Simona Loizzo, Daniela Morfino, Annarita Patriarca, Paolo Pulciani, Immacolata Zurzolo.

Quelle donne uccise e i ritardi della politica

Il 21 agosto in prima pagina su La Stampa è stato pubblicato l’articolo della nostra Presidente onoraria Rosanna Oliva de Conciliis “Quelle donne uccise e i ritardi della politica” e nello spazio “In primo piano”, insieme con l’articolo di Maria Berlinguer “Schlein- Legge bipartisan sui femminicidi”, il suo commento “L’esame della norma passi subito al Senato così faremo prima ad arginare le violenze” .

Come Rete per la Parità ringraziamo ancora una volta La Stampa che sta seguendo con grande attenzione l’iter della legge contro la violenza sulle donne, a dimostrazione del ruolo prezioso e indispensabile dei mass media in questa vicenda.

Ai link sottostanti è possibile consultare gli articoli pubblicati su La Stampa in precedenza.

Il femminicidio non va in ferie

Di seguito il commento della Presidente onoraria della Rete per la Parità, Rosanna Oliva de Conciliis, pubblicato su La Stampa lo scorso 4 agosto.

Come Rete per la Parità ringraziamo La Stampa per la grande attenzione che dedica al tema del contrasto alla violenza contro le donne che, giorno dopo giorno, assume aspetti sempre più drammatici ed inquietanti.

Abbiamo letto proprio ieri l’articolo da voi pubblicato, a firma di Linda Laura Sabbadini che invita a tenere alta l’attenzione sul tema con fondate argomentazioni. Condividiamo, inoltre, pienamente, quanto esposto da Elisa Ercoli, Presidente di Differenza Donna, nell’appello da Voi pubblicato il 31 luglio scorso.

La Rete per la Parità, Associazione di promozione sociale, che dal 2010 persegue l’obiettivo della parità formale e sostanziale uomo-donna sancita dalla nostra Costituzione – ha sempre posto il tema della violenza contro le donne tra quelli di prioritaria rilevanza e ha  monitorato nelle varie legislature l’impegno assunto al riguardo dal Governo e dal Parlamento.

In particolare, ha seguito anche  il DDL approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 giugno scorso, iniziativa lanciata con grande enfasi dai Ministri Pari Opportunità, Giustizia e Interno.  Al riguardo l’8 giugno Rete per la Parità ha diramato sul proprio sito e sui social, una nota di commento riguardante l’iter del provvedimento, il suo contenuto e le integrazioni indispensabili, ed ha sostenuto l’urgenza di rendere operativa la Commissione Parlamentare di indagine sul femminicidio.

Un’anticipazione dell’iniziativa del Governo è stata pubblicata sul sito della Presidenza del Consiglio e oggetto delle dichiarazioni dei tre Ministri che si auguravano un sollecito iter del provvedimento in Parlamento. In realtà se c’è qualcuno da sollecitare è proprio il Governo, perché a distanza di circa due mesi, il DDL di iniziativa governativa non risulta ancora tra quelli all’esame delle Camere. Il Parlamento sta per andare in ferie, ma in ferie non vanno certo le donne sottoposte a violenza e al rischio di essere uccise. Anche il Governo per tradizione non va in ferie e, come Rete per la Parità, non vogliamo neanche immaginare che alla ripresa dei lavori il DDL non sia stato ancora depositato. Sarebbe questa la dimostrazione che il Governo ha altre priorità e sul contrasto alla violenza si limita agli annunci.

Nel frattempo, le Camere hanno insediato la Commissione parlamentare di indagine sul femminicidio, a distanza di cinque mesi dalla legge istitutiva (febbraio 2023) e dopo essere stata annunciata con molta enfasi proprio in occasione del 25 novembre 2022, giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne.

Invece la Commissione è diventata operativa solo il 27 luglio con l’elezione dell’Ufficio di Presidenza. Anche in questo caso, però, la situazione appare preoccupante. Nonostante la positiva esperienza nella scorsa legislatura della Commissione di indagine sul femminicidio istituita presso il Senato avesse dimostrato che l’unanimità è necessaria nell’impegno su un tema così vasto, trasversale e importante come la violenza contro le donne, questa nuova Commissione bicamerale parte col piede sbagliato. La Presidente Martina Semenzato di Noi Moderati è stata, infatti, eletta senza la partecipazione al voto delle parlamentari del Movimento 5 Stelle. La Commissione doveva andare alle opposizioni, ma questa  maggioranza ha voluto farla propria.

La Rete per la Parità si augura, che la Commissione possa, nonostante tutto, lavorare efficacemente come la precedente.

La violenza contro le donne non è un’emergenza

di Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente onoraria della Rete per la Parità

La violenza contro le donne non è un’emergenza, è un drammatico problema conosciuto e studiato da anni, qualcosa è stato fatto ma non è abbastanza. E sono stati dannosi i nove mesi trascorsi dall’inizio della nuova Legislatura in cui nulla è stato fatto.

L’Italia delle emergenze è complice della violenza sulle donne. C’è un’analogia con quanto si sta facendo (o non facendo, come la nomina del Commissario, dopo l’alluvione in Romagna) per ridurre i danni dovuti alla fragilità del territorio.

Siamo in presenza di numeri non idonei a un Paese che vuole definirsi civile. Nel 2022 sono stati 125 i femminicidi e al Primo giugno del 2023, se ne devono già contare 47. Le telefonate al numero 1522: 11.909 vittime di violenza nel 2022 (Istat).

Lo scorso maggio è stato pubblicato il Position paper dell’ASviS “L’eguaglianza di genere: un obiettivo trasversale”, nel quale la Rete per la Parità ha curato la parte dedicata alla violenza di genere. La violenza può essere fisica, sessuale, psicologica, economica e sociale. Il Gruppo di Lavoro sull’obiettivo 5 – parità uomo-donna dell’Agenda ONU 2030 ha proposto, tra l’altro, la diffusione della consapevolezza sul fenomeno, lo sviluppo delle competenze finanziarie delle donne per contrastare la violenza economica e il monitoraggio dell’attuazione del Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne.

Eppure la riflessione che ha coinvolto anche il Ministero della Giustizia e quello dell’Interno, di cui ha parlato la ministra Roccella, sembra sia partita soltanto il Primo giugno: la violenza sulle donne è diventata un’urgenza solo dopo un delitto così efferato come quello di Senago.

Il DDL approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, annunciato come proposta volta a prevenire la violenza alle donne, è un insieme di misure repressive, valide ma utili a evitare soltanto la reiterazione dei reati. Spetterà al Parlamento integrare le disposizioni dei 15 articoli.

Nuovi provvedimenti, nuove leggi? E quelle che ci sono? Si spera che il Governo si ritenga impegnato a rispettare gli obblighi assunti con la firma della Convenzione di Istanbul. La Convenzione è riconosciuta come lo strumento più efficace per combattere la violenza di genere, poiché impone obblighi concreti, eppure FdI e Lega si sono astenuti all’Europarlamento nella votazione che ne ha approvato la ratifica.

Come sempre le leggi non mancano ma spesso sono dimenticate, come la legge 154/2001, modificata nel 2021, che prevede la possibilità, nel caso di violenza domestica, del ricorso all’ordine di protezione, un provvedimento che consente di allontanare dalla casa familiare i violenti anziché le vittime.

E i piani antiviolenza e antitratta approvati sia pure con ritardo?

E perchè, finora, a nove mesi dall’inizio della Legislatura, non ancora esiste la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, istituita con la Legge n. 12 del 9 febbraio 2023? Evidentemente ci sono altre priorità: non si tratta di incarichi appetibili.

Intanto si utilizzino le conclusioni nella relazione finale della precedente Commissione d’indagine, a partire dal fenomeno della vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale, approfondito dalla Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenuta in Commissione.

E se si è d’accordo sul fatto che la violenza di genere affonda le sue radici in un contesto culturalmente arretrato, perché il Governo non esercita la funzione di controllo sul servizio pubblico radiotelevisivo e digitale per ottenere il rispetto delle disposizioni del Contratto di servizio RAI ormai scaduto e il Legislatore non trova il tempo per rendere pienamente operative le due sentenze della Corte costituzionale sul doppio cognome?

Per quanto riguarda le iniziative dei gruppi di minoranza in Parlamento, sul doppio cognome sono state presentate sei proposte di riforma e un’interrogazione per sollecitare l’esame. A nulla è valso il sollecito inviato il 27 aprile dalla Rete per la Parità al Parlamento.

Sulle armi utilizzate negli omicidi è stato presentato il ddl n.78, primo firmatario il sen. Walter Verini (PD-IDP) “Disposizioni in materia di controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d’armi”. Un’iniziativa meritevole ma servirebbero disposizioni più incisive. Il certificato medico dovrebbe essere ritirato nel caso il sanitario che l’ha sottoscritto venga a conoscenza di variazioni e comunque dovrebbe essere rinnovato annualmente. Nell’ultimo articolo sono previste troppe deroghe ingiustificate. Molti reati sono commessi con armi da caccia e detenute per ragioni di servizio. Vedi l’ultimo femminicidio commesso da un poliziotto in servizio alla Camera e la tragedia di quello che ha ucciso due figlie e per poco non gli è riuscito di uccidere anche la moglie. Eppure entrambi manifestavano problemi psicologici. Si dovrebbe disporre in via generale, salvo eccezioni, che le armi di servizio rimangano custodite presso il luogo di lavoro, e detenute solo durante il servizio.

I tempi veloci imposti per l’approvazione della nuova legge non dovranno escludere l’audizione di esperti e associazioni che da tempo approfondiscono il fenomeno. Come Rete per la Parità anticipiamo da ora che chiederemo di essere audite.