Museo virtuale della memoria culturale delle donne afghane al Museo nazionale delle Civiltà

Si è avviata la creazione del Museo online, ospitato dalla piattaforma Con/Tradizioni del Museo delle Civiltà, ideato da Zeinab Albufalzil, giovane donna di grande cultura; un Museo per la salvaguardia della storia e della cultura delle donne afghane da realizzare, con la  consulenza scientifica della Professoressa Giuliana Cacciapuoti, esperta di cultura arabo islamica e fondatrice di GCCK “connecting knowledge”, per far conoscere la cultura, i valori, le tradizioni e le produzioni artistiche delle donne afghane e conservare la memoria della loro storia millenaria.

Nel luglio scorso la Rete per la Parità – APS e la FCEI – Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia hanno sottoscritto un Protocollo d’intesa con il Museo delle Civiltà, individuato e contattato dalla Professoressa Giuliana Cacciapuoti, considerato che proprio questa importante istituzione del nostro Paese custodisce numerosi e preziosi reperti artistici dell’Afghanistan.

Zeinab Albufalzil è arrivata in Italia nel luglio 2022 in un gruppo di sessantanove afghane e afghani di origine hazara, per sottrarsi alle persecuzioni in cui sarebbe incorso in Afghanistan. Successivamente per ciascun componente del gruppo è stato costruito e sta per concludersi un progetto individuale sulla base delle personali competenze ed aspirazioni.

Un risultato dovuto ai costanti e costruttivi contributi che, a livello centrale e periferico, le Associazioni aderenti alla Rete per la Parità – APS, referente Sandra Sarti, e la FCEI, referente Giulia Gori, hanno offerto alle persone rifugiate.

“Anche l’Italia deve condannare le gravi violazioni dei diritti umani in Afghanistan”: la richiesta delle Associazioni impegnate per i diritti delle donne

Le associazioni Rete per la Parità APS, Fondazione PANGEA ETS, CNDI – Consiglio Nazionale delle Donne Italiane, FIDM – Forum Internazionale delle Donne del Mediterraneo e DonneinQuota, che hanno tra gli obiettivi principali la realizzazione della parità di genere tra uomo e donna, con una lettera del 4 ottobre hanno chiesto al Ministro per gli Affari Esteri On. Antonio Tajani che anche l’Italia sottoscriva la dichiarazione rilasciata da Olanda, Germania, Australia e Canada il 25 settembre scorso, con il successivo sostegno di oltre venti Paesi, per condannare le gravi violazioni dei diritti umani poste in essere in Afghanistan dal regime talebano.

In particolare, si condannano le discriminazioni operate nei confronti delle donne dal suddetto regime, prospettando anche la volontà di promuovere un’azione contro lo stesso avanti al Tribunale Internazionale dell’Aja.

Le Associazioni hanno evidenziato come il regime talebano, a partire dal 2021, con l’emanazione di successive normative sempre più oppressive, abbia sostanzialmente cancellato la presenza delle donne in tutti gli ambiti della vita pubblica e sociale, impedendo loro di mostrare il volto in pubblico, di lavorare, di accedere all’istruzione, di ricoprire cariche pubbliche, di uscire da casa da sole, di fare sport e ultimamente, dall’agosto scorso, di parlare e di cantare in pubblico.

Le organizzazioni firmatarie hanno rilevato che, di fronte al sostanziale annientamento di una parte di popolazione afghana, fondato solo sull’appartenenza al genere femminile, il Governo italiano non possa tacere e debba agire in modo coordinato con i Paesi che già hanno intrapreso iniziative al riguardo. L’apartheid delle donne in Afghanistan – hanno evidenziato le associazioni – colpisce tutte le donne del mondo, perché crea un clima culturale globale in cui, ogni giorno di più, viene alzata la soglia di tolleranza nei confronti di situazioni di discriminazione di genere che si sostanziano in veri crimini contro l’umanità. È importante, dunque, che anche il Governo italiano prenda posizione in modo ufficiale, anche mediante l’adesione ad azioni giudiziali a livello internazionale, contro l’oppressione creata dal regime talebano.

Le Associazioni hanno chiesto che il Governo italiano si impegni altresì a:

– non creare presupposti per una normalizzazione di fatto dei rapporti con il regime talebano e rifiuti di intavolare trattative mediante delegazioni solo maschili, come richiesto dai talebani in diversi incontri internazionali;

– garantire che tutti i forum decisionali riguardanti il futuro dell’Afghanistan includano i diritti delle donne come parte dell’agenda e prevedano la partecipazione significativa delle donne;

– investire e rafforzare in Afghanistan le organizzazioni guidate dalle donne, condizionando il sostegno economico alla popolazione all’erogazione verificabile di una quota di almeno il 30% a iniziative economiche e sociali in favore delle donne.

Aggiornamento sul Gruppo Afghanistan, accolto in Italia nel luglio 2022

Con soddisfazione comunichiamo che è proseguito con successo il percorso di integrazione del gruppo che siamo riuscite a far arrivare in Italia, composto di 69 afghane e afghani di origine Hazara che, riusciti a fuggire in Pakistan, cercavano di raggiungere l’Europa per scampare dalle persecuzioni a cui sarebbero stati sottoposti nel caso in cui fossero stati rimandati in Afghanistan sia in ragione dell’appartenenza a quell’etnia, sia perché le giovani praticavano uno sport considerato “impuro”.

Un risultato dovuto  ai costanti e costruttivi contributi che, sia a livello centrale che periferico, alcune delle Associazioni aderenti alla Rete per la Parità hanno potuto offrire.

Unendoci alla valutazione positiva espressa dalla dottoressa Giulia Gori della FCEI, constatiamo che l’iniziativa si avvia verso la conclusione.

Di seguito l’aggiornamento della situazione rispetto al report del 2023.

L’Aquila: Del Gruppo di 60 persone inizialmente ospitato tutto all’Aquila, sono rimaste11 persone. Due ragazze che sono sorelle, stanno svolgendo il servizio civile, una terza – che grazie alla borsa di studio del Soroptimist ha svolto tirocini da parrucchiera – si è positivamente inserita in un istituto di bellezza come estetista. Si avviano a vivere insieme in un appartamento autonomo che dovrebbe essere messo a disposizione dalla locale rete di accoglienza SAI. Un’altra ragazza, dopo aver svolto, grazie alla FCEI, un corso per “igienista dentale e assistente di poltrona”, ha ottenuto una borsa di studio a Parma come igienista dentale dove si sposterà prossimamente insieme ai genitori, sempre assistita dalla FCEI. Quattro ragazzi si sono inseriti nel settore dell’edilizia con un contratto a tempo indeterminato. Ora vivono in un appartamento in affitto e continuano ad essere sostenuti all’occorrenza dalla FCEI. La FCEI continua ad occuparsi, insieme con  il Soroptimist locale e con il Comune de L‘Aquila, anche delle due coppie di anziani che hanno difficoltà ad apprendere la lingua, a inserirsi e a individuare prospettive lavorative.

Torino: Grazie all’accoglienza iniziale della Diaconia Valdese 3 ragazze e  4 ragazzi, supportati anche dalle socie del Soroptimist e di Zonta, studiano o lavorano e sono ospitati in appartamenti della Rete ufficiale di accoglienza SAI per i richiedenti asilo.

Roma: Grazie all’impegno della prof.ssa Barbara Martini, dell’Università di Tor Vergata, 5 studentesse e 1 studente, che hanno notevolmente migliorato il livello di conoscenza della lingua italiana, hanno concluso positivamente il Foundation Year presso l’Università di Tor Vergata, ma sono ancora in attesa di essere ammessi ai corsi universitari richiesti. Una delle ragazze, la cui famiglia vive a Firenze, ha accettato la borsa di studio offerta da un’università privata, ottenuta per intercessione della FCEI, e sta frequentando un corso di moda e design. Suo fratello ha deciso di non attendere l’iscrizione all’Università, dati i tempi lunghi di attesa, e, dopo aver frequentato un corso per receptionist alberghiero, è stato assunto in un grande albergo romano. Le altre tre ragazze, ancora in attesa di essere ammesse ai corsi universitari, stanno valutando la frequentazione di training professionalizzanti.

Firenze: Qui vivono 5 dei componenti del gruppo familiare composto dai genitori, 4 figlie e 1 figlio. Una delle ragazze e il ragazzo sono a Roma. Abitano a Firenze con i genitori le altre  due sorelle. Una ha progettato la realizzazione di un museo virtuale per far conoscere  la cultura, i valori e le tradizioni delle donne afghane. Il progetto è ancora in valutazione da parte del Museo nazionale delle Civiltà e l’iter per la sua approvazione è tuttora attentamente seguito da Rete per la Parità insieme con la Professoressa Giuliana Cacciapuoti e con la dottoressa Giulia Gori della FCEI. Un’altra sorella sta per sposarsi, e a breve si trasferirà in Germania. La quarta sorella, che sta studiando psicologia presso un’università russa, continua a cercare soluzioni per perfezionare gli studi in Italia dove vorrebbe ricongiungersi alla famiglia. I genitori sono in buona salute e, a parte la necessità di essere ospitati dalla FCEI, hanno la possibilità di sostenere le esigenze delle figlie.

Per una valutazione complessiva dobbiamo constatare che del gruppo originario nessuno tra le ragazze e i ragazzi ha più proseguito la strada del ciclismo, che pure era stato lo sport che aveva dato loro una spinta verso la vita e verso la libertà. Hanno dovuto concentrarsi su nuovi e faticosi impegni e  dalla necessità di imparare nuovi suoni, di affrontare nuove strade all’interno di panorami mai conosciuti, di abbracciare nuove e tanto diverse culture.

In questo percorso i pedali, spesso invisibili, che hanno continuato a sospingerli nel passaggio verso un nuovo futuro siamo state silenziosamente, attivamente ed orgogliosamente tutte noi.

Siamo state noi, donne della Rete per la Parità, della FCEI, del mondo giornalistico e del mondo universitario, a credere in altre donne, a sostenerle, a prenderle per mano e le accompagneremo ancora fino alla realizzazione dei loro progetti e al raggiungimento dell’autonomia. A loro tutte la Rete per la Parità rinnova il suo Grazie per la condivisione di questa esperienza di alto profilo umanitario.

15 agosto 2021: una data che resterà nella storia

15 agosto del 2021, i talebani riprendevano il controllo di Kabul dopo venti anni di presenza occidentale. Non dimenticherò mai le persone in fuga che si aggrappavano agli aerei in partenza, il tentativo disperato dei genitori che passavano oltre la rete i figli, le centinaia di persone bloccate nel tentativo di fuga.

Era solo l’inizio di una crisi umanitaria e di diritti che vede i talebani, nel secondo anniversario del loro ritorno al potere, pronti, come dichiarano in un loro comunicato, a resistere a qualsiasi minaccia all’indipendenza del Paese

ANSA

Secondo l’Onu “le politiche imposte al popolo afghano hanno portato alla continua, sistematica e scioccante soppressione di una moltitudine di diritti umani, compresi i diritti all’istruzione, al lavoro e alle libertà di espressione, riunione e associazione”. È quanto hanno dichiarato 30 esperti delle Nazioni Unite che hanno rivolto un appello alla comunità internazionale a impegnarsi per sostenere il popolo afghano che vive in una gravissima crisi umanitaria. 

Si stima che 16 milioni di bambini non ricevano cibo di base o assistenza sanitaria e siano quasi 30 milioni, il massimo storico, gli afghani bisognosi di assistenza. Questa recessione economica, hanno sottolineato gli esperti, favorisce pratiche dannose, discriminatorie, oppressive e violente, come il matrimonio forzato e infantile, l’abuso e lo sfruttamento economico e sessuale, la vendita di bambini e organi, il lavoro forzato minorile, la tratta di esseri umani. 

“Le politiche imposte al popolo afghano hanno portato alla continua, sistematica e scioccante soppressione di una moltitudine di diritti umani, compresi i diritti all’istruzione, al lavoro e alle libertà di espressione, riunione e associazione”. 

Gli esperti si sono espressi sulla base di “rapporti coerenti e credibili di esecuzioni sommarie, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, torture e sfollamenti arbitrari”. “I più colpiti sono le donne e le ragazze, le minoranze etniche, religiose e di altro tipo, le persone con disabilità, le persone Lgbt+ . Anche i difensori dei diritti umani e altri attori della società civile, giornalisti, artisti, educatori ed ex funzionari governativi e di sicurezza”. 

“Le donne sono state persino private dell’opportunità di trovare conforto in alcuni dei loro spazi, come i saloni di bellezza frequentati e gestiti da donne, a cui è stato recentemente ordinato di chiudere i battenti” hanno spiegato gli esperti.  Inoltre, le autorità de facto hanno introdotto l’uso di punizioni crudeli e indegne, come la lapidazione, la fustigazione e la sepoltura sotto un muro, in violazione degli standard internazionali sui diritti umani, hanno detto, aggiungendo che l’idea di un talebano “riformato” si è dimostrata sbagliata.

Come evidenziato nell’analisi dell’ISPI. integrata dal commento di Giuliano Battiston, l’occidente, dopo due anni non ha ancora individuato quale strategia adottare che vada al di là delle restrizioni.

Due anni di dominio talebano in Afghanistan  | ISPI (ispionline.it)

L’Afghanistan a due anni dal ritorno dei talebani | ISPI (ispionline.it)

Rosanna Oliva de Conciliis, presidente onoraria della Rete per la Parità