Comunicato stampa: FATTI NON PAROLE

 Pubblichiamo la lettera inviata oggi e il relativo Comunicato stampa.

Nelle ultime due settimane molti sono stati gli appelli pubblicati sui social media nei quali si è chiesto che all’interno della Task Force creata per consigliare il Presidente del Consiglio, Prof. Giuseppe Conte, sulle modalità della fase 2 di uscita dalla pandemia del Covid19, fosse garantita una eguale rappresentanza di uomini e donne.Oggi però il Presidente del Consiglio e le altre alte cariche dello Stato hanno ricevuto una lettera di tono diverso, basata sui dettami della Costituzione, e contenente proposte concrete a breve, medio e lungo termine. La lettera è stata inviata dalla Rete per la Parità, una Associazione di promozione sociale per la Parità uomo-donna secondo la Costituzione, presieduta da Rosa Oliva, il cui ricorso determinò, 60 anni fa, la sentenza della Corte costituzionale n. 33/1960 che aprì alle donne le carriere pubbliche fino allora ancora precluse. Ne fanno parte varie Associazioni, Fondazioni miste e alcune Università, unite per il superamento del monopolio maschile e la pari dignità e uguaglianza davanti alla legge di donne e uomini, secondo i principi fondamentali della nostra Costituzione.

“Per assicurare in Italia l’uscita dalla pandemia è necessario superare l’abuso di posizione dominante maschile che caratterizza da millenni le cosiddette società occidentali e che sopravvive nel nostro Paese al contrario di quanto sta avvenendo da anni in altri paesi dell’Unione Europea” ha scritto la Rete per la Parità. “Usiamo volutamente la nozione tratta dal diritto dell’economia e della libera concorrenza perché tale abuso – perpetuando profonde discriminazioni di genere – ha un impatto socio–economico diffuso ed aggrava le diseguaglianze basate sul sesso, nella vita pubblica e privata”. In Italia, costante è infatti l’attribuzione, quale che siano i meccanismi di nomina o elezione, di incarichi affidati esclusivamente a uomini e a poche donne scelte da loro, come si è visto recentemente nella designazione di alcune donne a Presidenti di imprese pubbliche mentre gli AD, che detengono il vero potere, sono ancora una volta sempre uomini.

La Rete per la Parità segnala nella sua lettera “il mancato rispetto del criterio di equilibrio già nel 2018 per la Corte costituzionale, il Csm e gli organi di autogoverno delle magistrature speciali, dove su 21 cariche sono risultati eletti dal Parlamento in seduta comune 21 uomini, per passare alle più recenti composizioni dei numerosi organismi attivati, e come sia prassi avere un uomo al comando e, quando ci sono, poche donne tra i componenti. Unica eccezione la Cabina di Regia “Benessere Italia”, affidata alla Professoressa Filomena Maggino, che però si avvale di un Comitato scientifico costituito da accademici tutti uomini”. Nel momento in cui il Paese deve prepararsi ad affrontare la Fase 2 della pandemia Covid19, è necessario tener conto dell’esperienza delle donne (che hanno dato e stanno dando un contributo determinante per il superamento della prima fase), e coinvolgerle alla pari con gli uomini in questa miriade di organismi. Se l’Italia non vuole uscire dalla crisi soltanto per ripristinare le condizioni ex ante, ma prepararsi all’avvio di una nuova epoca in campo ambientale, economico, sociale, sanitario e culturale, è giunta l’ora che si tenga nella giusta considerazione l’apporto che le donne, ormai presenti a pieno titolo all’interno di ogni professione e dell’accademia, possono dare.

Italia, 20 aprile 2020

NB Reca la sola firma della Rete per la Parità; altre associazioni e organismi che ne approvino il contenuto sono invitati a condividerla e, se ritengono, ad inoltrarla a tutti o a parte dei destinatari evidenziando le richieste sulle quali sono da tempo impegnati. Ne daremo comunicazione sul   nostro sito e sui social.

Comunicato e lettera aperta

Anna Maria Isastia: Donne al potere e Covid-19

Fa impressione l’assenza di donne in questo periodo in Italia tra coloro che stanno decidendo delle nostre vite e del nostro futuro.

Eppure le donne al comando fanno la differenza perché vedono le cose da un altro punto di vista e basta scorrere le pagine dei quotidiani per rendersene conto. Il giornalista Antonio Polito scrive sul Corriere della sera che “I paesi che hanno resistito meglio al coronavirus hanno una cosa in comune: sono governati da donne”.

In Nuova Zelanda al governo c’è una donna giovane e decisa che ha messo subito il paese in lockdown ed è riuscita in dieci giorni a contenere la pandemia. Jacinta Arden ha avuto la sensibilità di rivolgersi anche ai bambini spiegando loro la situazione.

La presidente di  Taiwan Tsai Ing-wen si è mossa prima di tutti a dicembre 2019, controllando tutti i passeggeri provenienti da Wuhan e prendendo una serie di misure tempestive, con il risultato che nell’isola cinese i morti sono stati finora 6 e adesso Taiwan esporta mascherine in tutto il mondo.

La premier islandese Katrìn Jakobsdòttir ha ordinato test gratuiti per tutti, facendo del suo paese un ‘caso chiave’ che permetterà agli scienziati di conoscere meglio il virus e la sua diffusione.

La più giovane donna leader di governo al mondo Sanna Marin, finlandese, a capo di un esecutivo a prevalenza femminile, ha usato gli influencer per convincere i ragazzi a restare a casa.

La prima ministra norvegese Erna Solberg ha dato largo spazio alla comunicazione e ha tenuto un discorso rivolto direttamente ai bambini per spiegare loro la situazione e tranquillizzarli. Il 20 aprile riapriranno gli asili nido e una settimana dopo le scuole. Diffuso lo smart working. Una app in preparazione permetterà di segnalare se ci si avvicina ad un soggetto infetto.

Mette Frederiksen a capo del governo in Danimarca ha dedicato una conferenza stampa alle domande dei bambini e ha già riaperto le scuole elementari e gli asili, pur con molte attenzioni: un solo alunno per banco, distanza di due metri tra uno studente e l’altro, pause per il lavaggio delle mani. Lo smart working ha fatto aumentare la produttività mentre una app monitora la diffusione del coronavirus in Danimarca.

Stiamo parlando dei quattro paesi nordici che sono più avanti degli altri: Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca, cui si affiancano altri due Stati piccoli ma significativi come Taiwan e Nuova Zelanda, molto vicini al centro della pandemia che sembra abbiano saputo gestire molto bene.

Accanto a loro la Germania  che sta rispondendo molto bene al Covit-19. La Germania è un paese ricco, ben organizzato, con un sistema mutualistico che si sta dimostrando migliore di quello inglese e di quello italiano. La Germania ha una disponibilità di letti in terapia intensiva che è la più alta d’Europa e ha un’ottima rete di poliambulatori sul territorio detti Mvz. Quello che la sanità lombarda non ha e che si stava smobilitando in tutta Italia in nome di una razionalizzazione suicida di cui stiamo vedendo le conseguenze oggi.

La Germania però ha anche Angela Merkel che si è rivolta con decisione e senza tentennamenti alla sua gente, ha chiarito subito che la pandemia andava affrontata con serietà “scavalcando così la lunga fase di negazionismo e incertezza altrove fatale”. La cancelliera tedesca non ha chiuso i Kindergarten perché se i genitori lavorano devono poter portare i figli al nido. L’industria non ha mai chiuso. Le aziende sono state lasciate libere di decidere, a condizione di rispettare le norme sanitarie. Il governo ‘consiglia urgentemente’ l’uso di mascherine sui mezzi di trasporto (non ci sono ordini tassativi). Dal 20 aprile la Germania riparte con prudenza. La competenza e serietà con cui Merkel sta guidando la nazione in questo periodo hanno portato il suo gradimento all’80%.

Antonio Polito ci dice che non si può dire che i Paesi diventano migliori se sono diretti da donne. “Ma forse si può dire che sono diretti da donne perché sono Paesi migliori, e hanno sistemi di selezione più aperti ed egualitari. Se davvero ci avviamo a una depressione stile Anni ’30, mi sentirei più tranquillo con una leadership al femminile: nella lista dei tiranni del Novecento non c’è neanche una donna”.

Diventa quindi importante per noi in Italia chiedere che alle donne siano dati più spazi e maggiori responsabilità pubbliche perché l’abuso di “posizione dominante maschile” danneggia tutti e tutte.

Anna Maria Isastia

Antonella Anselmo – Coronavirus: “sophia” o tecnocrazia?

Il 10 aprile il Premier Giuseppe Conte, assumendo piena responsabilità politica, annuncia la nomina di un Comitato di esperti, composto da 17 persone (tra cui solo quattro donne), esperti in governance aziendale, tecnologia ed economia.

Il Comitato dovrà “elaborare e proporre al Presidente del Consiglio misure necessarie per fronteggiare l’emergenza epidemiologica COVID 19 nonché la ripresa graduale nei diversi settori delle attività sociali economiche e produttive anche attraverso l’individuazione di nuovi modelli organizzativi e relazionali che tengano conto delle esigenze di contenimento e prevenzione dell’emergenza”. Inoltre opererà in coordinamento con il comitato tecnico scientifico della Protezione civile (DPCM 10 aprile 2020 che rinvia all’Ord. n. 630 del 3 febbraio 2020 Protezione Civile).

Contestualmente Elena Bonetti, Ministra Pari Opportunità e famiglia, annuncia sui social l’imminente insediamento, presso il medesimo Governo, di una Task Force di donne di altissimo profilo; sono “Donne” definite “del Rinascimento” perché impegnate a dettare misure di rinascita sociale, culturale ed economica del Paese (ossia la fase 2 della pandemia da COVID 19). Quest’ultimo organismo, pur autorevole, sembra già destinato ad operare in una “stanza tutta per sé”, all’interno della stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Se nel complesso le annunciate iniziative politiche sono encomiabili, condivido le tante perplessità che si sono sollevate sia per lo scarso numero di donne tra gli esperti del Presidente, sia per l’illogicità di una commissione parallela di sole donne, sia, infine, per l’uso di linguaggio dalla chiara evocazione bellica (task force, ricostruzione…).

Tuttavia ritengo prioritario definire il rapporto tra scienza e politica: questione che ha un enorme impatto sulle libertà e sui diritti delle donne.

È innegabile che assistiamo ad una trasformazione istituzionale ad alto rischio, peraltro supportata dai media.

Sebbene l’emergenza epidemiologica COVID 19 non sia paragonabile allo stato di guerra (art. 78 Cost. “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”), tuttavia contribuisce a delineare un Premierato che opera con strumenti straordinari, indifferibili ed urgenti – quindi in deroga– ed impone misure concrete, suggerite dagli Esperti.

È questo il regime straordinario retto dalla legge sulla Protezione Civile, la quale rinvia alle Ordinanze del suo Capo Dipartimento e del Comitato tecnico scientifico, in coordinamento con i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e con i provvedimenti delle Regioni. Il ricorso ai DPCM appare poi una vera anomalìa rispetto ai poteri assegnati al Ministro della Salute dalla Legge sul Servizio Sanitario Nazionale per fronteggiare emergenze sanitarie.

Lo stato di emergenza, per come attuato, non appare immediatamente bilanciato da altri poteri (Presidente della Repubblica, Camere, Consulta). Questo autorizza le Amministrazioni, per tutta la durata dello stesso (quindi al 31.7.2020, salvo proroghe), ad operare senza bisogno di osservare le garanzie procedimentali dettate in via ordinaria dalla legge.

La deroga vale per tutti i settori: per gli acquisti della PA (ora consentiti senza gara), per l’uso del territorio (trasformazioni anche in deroga agli strumenti urbanistici), per la gestione dei servizi pubblici, per regolamentare l’esercizio delle libertà civili (riservatezza, libertà economica, d’informazione, libera circolazione delle persone). L’emergenza epidemiologica costringe il Parlamento ad operare in modalità del tutto anomala, residuale e con presenze in Aula dei nostri rappresentanti assolutamente contingentate; è altresì sospesa la maggior parte dei servizi volti all’amministrazione della giustizia.

Ora, il Comitato di esperti non è organo elettivo né è regolato dal principio del pubblico concorso: viceversa è retto dal rapporto fiduciario tra i suoi componenti e il Premier. Tra gli Esperti nominati da Giuseppe Conte, non compare una figura specializzata nella materia costituzionale e l’impianto di “governance aziendalista” che traspare al suo vertice poco si addice ad uno Stato, preposto alla cura di interessi generali.

La verifica di conformità alla Costituzione è a mio parere la prospettiva da assicurare a monte della ricerca di quei modelli organizzativi e relazionali che dovranno guidare la fase della ripresa delle attività economiche.

Sia chiaro: non è in discussione il curriculum degli Esperti o la prospettiva di Sviluppo Sostenibile, ma è il contesto storico che preoccupa. Per questa ragione il criterio di ragionevolezza delle misure, desumibile dalla nostra Costituzione, deve essere il faro che illumina l’odierna politica governativa. E proprio la Costituzione ci fornisce risposte attualissime sulla libertà scientifica e tecnologica, sulla libertà d’impresa e sui compiti della Repubblica a tutela della salute pubblica, intesa come limite alle libertà, ma soprattutto alle speculazioni dei mercati.

Prateeksha Singh, la nota studiosa indiana, ha individuato cinque new normals che caratterizzeranno i prossimi anni: il mutamento tecnologico e le sue influenze; il nuovo centro della governance; il territorio economico inesplorato; il distanziamento sociale e la connettività collettiva; l’opportunità e la minaccia per il cambiamento climatico. Più nel dettaglio si profila uno scenario distopico, degno de Il Cerchio di Dave Eggers.

Il Covid 19 potrà essere sfruttato per normalizzare il controllo dei dati da parte di governi e aziende, inneggiando alla “Trasparenza”. Il mutamento tecnologico determinerà anche la stabilizzazione della nuova ondata di connessioni on-line di massa, portando sempre più alla condivisione di documenti in rete, con il prezzo pagato dai siti di editoria accademica. La paura dei contagi, inoltre, ha già determinato un importante cambiamento dell’opinione pubblica, disposta ad accettare il ruolo centrale assunto dai Governi, il divieto di riunirsi e, quindi, la segregazione sociale.

Le previsioni di una recessione economica globale spinge i Governi di tutto il mondo a lavorare per introdurre pacchetti di stimolo economico interno e, da questo punto di vista, esiste un’opportunità per proporre un piano competitivo che non dipenda dai combustibili fossili. Sarà determinante comprendere con quali priorità saranno concessi i finanziamenti, e a chi. I Governi sono poi chiamati a riesaminare i propri sistemi di assistenza sanitaria, i diritti dei lavoratori, le forme di sostegno economico per i lavoratori dipendenti e autonomi, le reti di sicurezza.

L’isolamento sociale determina anche l’incremento vertiginoso dello shopping on-line e le imprese di e-commerce definiscono nuove opportunità economiche, ma anche nuove regole di accesso. L’e-commerce soppianta la GDO. Il contrasto al Coronavirus sta infatti accelerando l’Amazonizzazione del Pianeta, con molte implicazioni di questo colosso monopolistico sul lavoro precario, la robotizzazione, l’intelligenza artificiale e il futuro di migliaia di piccole imprese.

I fattori che hanno scatenato il COVID 19 – generato da un salto inter specie, in particolare dal pipistrello, come altri virus in precedenza – sono un monito per ridefinire in modo radicale l’approccio dell’umanità nei confronti della biodiversità, degli habitat delle specie selvatiche, degli allevamenti intensivi, delle abitudini alimentari.

A queste sfide globali si affiancano i rischi di aggravamento delle diseguaglianze sociali.

I più deboli rischiano di essere travolti dalla recessione. È a rischio la coesione sociale, come evidenziato di recente anche dal Forum delle Diseguaglianze e delle Diversità (https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/).

Peraltro l’ONU, con un recentissimo Rapporto datato 9 aprile 2020, denuncia come le donne saranno le più colpite dalla recessione economica conseguente alla pandemia (https://www.unwomen.org/en/digital-library/publications/2020/04/policy-brief-the-impact-of-covid-19-on-women).

Le diseguaglianze sociali ed economiche – misurate dal gender gap – risulteranno aggravate se i Governi non metteranno le donne al centro delle proprie politiche economiche, sociali e sanitarie.

E allora? Credo che la fase 2 debba impegnare il Governo, in primis sul versante pubblico: ripensare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e assistenziali (preventive, ordinarie e d’emergenza), rafforzare la lotta alla corruzione in ambito sanitario, scongiurare lo spreco di risorse pubbliche anche in relazione al riparto di competenze sulla salute tra Stato e Regioni, valutare il ruolo delle strutture sanitarie private. In relazione alle emergenze sanitarie di portata transfrontaliera il Governo dovrà impegnarsi a consolidare il ruolo di raccordo dell’UE e dei suoi centri di salute pubblica e ricerca scientifica (tra questi basti citare il Centro Europeo per la Prevenzione e il controllo delle malattie).

Secondariamente, si dovranno “proporre” modelli di governance aziendale ma senza arrivare a compromettere in alcun modo l’essenza stessa della libertà economica privata, fondata su autonomia, creatività, innovatività produttiva, libera concorrenza. L’art. 41 della Costituzione protegge e garantisce la libertà di iniziativa ed organizzazione economica, pur nei limiti “esterni” dell’utilità sociale e della sicurezza umana. Rischiare di stravolgere questa libertà – con misure top-down irragionevoli, sproporzionate o inadeguate – potrebbe compromettere qualsiasi ripresa economica.

Peraltro occorrerà tener conto che il tessuto socio-economico italiano è assolutamente peculiare, non assimilabile all’economia prevalente su scala globale. Questo è caratterizzato prevalentemente da micro o piccole imprese, spesso a gestione familiare, dove il lavoro delle donne non risulta retribuito. È così in agricoltura, nel commercio al dettaglio, nell’artigianato, nelle attività di cura delle persone e di valorizzazione del patrimonio culturale.

Una tale realtà costituisce anche la rete di solidarietà e di protezione sociale che attenua gli effetti devastanti della crisi. È soprattutto identità culturale.

Questa rete solidale e assistenziale si regge per lo più sulle spalle delle donne, e in parte è invisibile.

E allora, per suggerire le migliori soluzioni a tutela della salute pubblica, entro quale cornice debbono operare gli Esperti?

Occorre innanzitutto che sia rispettato l’art. 33 della Costituzione che garantisce la libertà dell’arte e della scienza, come pure del loro insegnamento. In altri termini, assicurare il diritto di accesso alla conoscenza, come patrimonio collettivo. L’ultimo comma del citato articolo sancisce che “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Nell’Era della conoscenza, la stabilità degli Istituti di alta cultura e di ricerca, delle Università, ma soprattutto la loro autonomia da ogni altro potere, diviene il nesso cruciale tra politica e scienza.

Sarà fondamentale evitare che la scienza divenga strumento di “oppressione” e di limitazione delle libertà. E questo le donne lo sanno da millenni, perché la Storia ci ricorda che sono state perseguitate dal potere politico come streghe, isteriche, indemoniate, impure, secondo “giudizi di scienza”.

La grave crisi democratica in atto e l’avanzare dei nazionalismi in Europa impongono che le misure di limitazione delle libertà, anche economiche, formalmente dettate da esigenze di salute pubblica, siano suggerite ai Governi da Istituzioni scientifiche nazionali e sovranazionali che operino stabilmente ma in piena autonomia dalla politica e dai mercati.

Solo mediante sophia, sapienza, e non tecnocrazia, si potrà valutare la ragionevolezza delle misure e, su questa, esprimere un giudizio politico sull’attività di governo. E le donne debbono essere al centro di questo processo, che è soprattutto politico.

 Antonella Anselmo

Femministerie

Gabriella Anselmi: la pandemia rivela la fragilità di questo sistema

Un proverbio africano recita: “Quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca”.  Si tratta di una grande e struggente verità, lontana dal contenuto del verbo rottamare che esprime violenza e volgarità.

Purtroppo nel mondo, in questi giorni, quante migliaia di biblioteche si sono perdute e si stanno perdendo?  Ma forse già  si erano perdute, eclissate nel silenzio delle cosiddette case di riposo, triste anticamera dell’eterno riposo.

Concordo con chi dice che: “La pandemia rivela la fragilità di questo sistema”. Vorrei aggiungere che la pandemia ha scoperchiato il vaso di Pandora di questo sistema. Il primo ad uscire è stato il PROFITTO che ha ricoperto il globo di una spessa coltre nera, ben visibile anche a chi si ostina a non volerla vedere.

Saremo in grado di invertire questa deriva? Di operare una rivoluzione di tipo copernicano dove il noi sostituisca l’io?

Penso che questo potrà essere possibile quando sarà riconosciuto in pieno il valore complessivo e particolare delle donne:  le loro capacità di accogliere, di creare, di dare, di intuire, di istruire, di studiare, di accudire, di ascoltare, di consolare, di eccellere in tutte le arti, mestieri, professioni. Non più ancelle, portatrici di acqua, ma protagoniste.

E’ anche urgente e necessario prendere atto che costituiscono la maggioranza di chi “lavora” nella Scuola e nella Sanità: due pilasti di una democrazia compiuta dove gli interessi pubblici non devono e non possono essere soverchiati, stritolati da quelli privati. Mi dispiace molto che nella Task force che affiancherà il governo italiano in questa terribile situazione, le donne siano circa il 23%. Comunque, per il bene di tutti, auguro buon lavoro, tenacia e coraggio alle  popolazioni del mondo che sono accomunati nella tragedia.

Gabriella Anselmi

Patrizia De Michelis: Pandemia e violenza di genere

Stiamo vivendo un tempo di reclusione forzata con tutto un corollario di ansie, paure, problemi psicologici e problemi di convivenza. Ed è proprio quest’ultima a far emergere o ad acuire situazioni di malessere e di compressione della libertà delle donne a volte costrette a vivere 24 ore su 24 con mariti o conviventi violenti.

Donne a cui la convivenza forzata può rendere difficile la segnalazione delle violenze subite alle forze dell’ordine o la richiesta di aiuto ai centri antiviolenza.

“ ………

Come se accontentarmi fosse la scelta migliore
Come fosse troppo tardi sempre per definizione
Come se l’unica soluzione fosse quella di restare
E invece pensa, nessuna conseguenza
Di te so stare senza
Non sei necessario alla mia sopravvivenza
E invece pensa, io non mi sono persa
Di quel che è stato non resta
Nessuna conseguenza
……”

Le parole di una bella canzone di Fiorella Mannoia dovrebbero forse essere oggetto di un flash mob per essere vicine alle donne che in questi tempi terribili di isolamento e di paura, per far sentire la voce di quanti si preoccupano per loro.

Comunque è importante far giungere il messaggio che i Centri antiviolenza sono attivi e le Case rifugio sono aperte e che la Campagna “Libera puoi” promossa dal Dipartimento per le pari opportunità intende proprio aiutare e dare sostegno alle vittime di violenza durante la difficile emergenza causata dall’epidemia da Covid 19.

In questi tempi particolari un plauso è doveroso al   procuratore di Trento Raimondi che ha licenziato un provvedimento antiviolenza sulle donne per l’emergenza Covid 19: non saranno le donne a dover abbandonare l’abitazione, magari con i figli, per andare nelle case rifugio, bensì i maltrattanti. Lo stesso procuratore ha disposto che la Procura, le forze dell’ordine e la polizia locale dovranno intervenire tempestivamente e i maltrattanti verranno sempre collocati in un altro domicilio o in carcere.

Il provvedimento comunque affonda le proprie radici nelle disciplina relativa agli ordini di protezione contro gli abusi familiari prevista dalla legge 154 /2001, legge all’epoca fortemente voluta dalle associazioni femminili e dalle magistrate e che ha comportato la modifica del codice civile (art. 342 bis e ter) e del codice di procedura civile (art.  736 bis).

               Patrizia De Michelis

Prepariamoci alla fase 2.

Nel giorno di Pasqua sul sito della Rete per la Parità un mio breve video  per prepararci alla Fase 2. A segure pubblicheremo una foto o un  video delle componenti del Direttivo  della Rete per la Parità e ci aspettiamo ne arrivino anche da socie, soci e Università  aderenti.

 

 

Il nostro 8 marzo 2020 ai tempi del CORONAVIRUS

COMUNICATO STAMPA

In giorni difficili come gli attuali, in cui  ciascuna donna responsabilmente agisce a difesa della salute e delle persone care con tutti mezzi disponibili e  attenendosi alle disposizioni impartite, non viene meno l’impegno della Rete per la Parità, sostenuto da altre associazioni, Università e Organismi nazionali, per arrivare alla Parità sostanziale sancita dalla nostra Costituzione e obiettivo da perseguire sulla base di norme e convenzioni internazionali e  comunitarie.

La Rete per la Parità, nell’anno in cui ricorre il decimo anniversario della sua fondazione e nel giorno in cui si celebra la Giornata internazionale delle donne, lancia insieme con Daniela Monaco e Carla Mazzuca,  il Comitato Promotore 603360 per  celebrare i sessant’anni della sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 13 maggio 1960 che eliminò le discriminazioni contro le donne nelle principali carriere pubbliche.

L’esperienza di questi anni ha dimostrato la validità delle tre linee guida individuate sin all’inizio che continueranno a guidarci nelle nostre azioni, supportate ancora, speriamo, come in passato, dalle tante persone e dai tanti organismi ai quali ci accomuna la consapevolezza che, nonostante tanti successi, ancora la Parità è lontana.

Mai più portatrici d’acqua

Per la presenza di donne qualificate nelle assemblee elettive e nei luoghi decisionali

Mai più donne invisibili

Per liberare le donne italiane dal Burka mediatico e per assicurare il diritto all’identità di tutte e tutti attraverso l’attribuzione del cognome materno

Mai più discriminate sul lavoro

Contro le discriminazioni nell’accesso, nelle carriere e nelle retribuzioni e contro ogni forma di violenza economica

Nella Costituzione italiana il lavoro posto a base della Repubblica, non è fine in sé, come scrisse Costantino Mortati, o mero strumento di guadagno ma mezzo di affermazione della personalità del singolo, garanzia di sviluppo delle capacità umane e del loro impiego.

Rafforzare l’autostima e il potere delle donne, l’obiettivo 5 dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo sostenibile,  è anche uno dei modi per contrastare la violenza sulle donne.

 

Italia, 8 marzo 2020

COMUNICATO STAMPA Nomine AGCOM e Garante Privacy

Donatella Martini, presidente di DonneinQuota, nell’introdurre i lavori del convegno Donne e politica. Tra rappresentazione e rappresentanza, in corso oggi a Milano, ha dichiarato:

“All’inizio di questa giornata di lavori vogliamo che emerga innanzitutto la nostra vigilante determinazione nei confronti delle nomine che in queste ore vengono decise per il rinnovo di istituzioni cruciali per la vita sociale e la cultura civica del paese. In particolare Agcom e Privacy sono due Authority che non possono fare a meno della presenza di componenti femminili. Ribadiamo al Presidente Conte, alla Ministra delle Pari Opportunità e alle forze di governo che almeno una delle due abbia una presidente donna e che siano nominate donne tra i commissari. Pretendiamo che di queste Autorità facciano parte donne che si sono distinte per iniziative, sensibilità e impegno sui temi della disparità tra uomini e donne, sui diritti civili e sulla cultura delle giovani generazioni, donne che siano capaci di lavorare con tutto l’associazionismo femminile impegnato su questi temi e di rappresentarlo.”.

Rosanna Oliva, presidente della Rete per la Parità: “Le recenti dichiarazioni alla Camera del Ministro al MEF Gualtieri fanno sperare che non si ripeta mai più, come purtroppo in un recente passato, che il Parlamento elegga 20 uomini e nessuna donna “ E aggiunge: “Le due Associazioni, che sono al terzo convegno sul rapporto tra media e potere, non mancheranno di intraprendere iniziative, anche in via legale, se ancora all’AGCOM e negli altri organismi in rinnovo non sarà rispettato l’equilibrio di genere. La nostra vigilanza minacciosa trova pieno fondamento in particolare nell’ art. 1 del Codice di Pari Opportunità che, in attuazione dell’art. 3 della Costituzione, contempla le misure volte ad eliminare ogni discriminazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo.“

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Donatella Martini – Presidente DonneinQuota –  d.martini@donneinquota.org

Rosanna Oliva – Presidente Rete per la Parità – presidenza.reteperlaparita@gmail.com

ufficio stampa : cell. 3356161043 – info@donneinquota.org

OLTRE SANREMO – DONNEINQUOTA E RETE PER LA PARITA’ LANCIANO UNA PETIZIONE SU CHANGE.ORG

Oltre SANREMO. RAI urgente la riforma per una libera opinione pubblica e fuori i partiti

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Al Ministro dello Sviluppo economico

Ai Presidenti e Capigruppo Camera e Senato

 Ai Leader di M5s, PD, Italia Viva, di LEU e SI

Al Presidente della RAI

Il destino del nostro Paese è legato anche alla Rai alla quale è affidato il servizio pubblico radio televisivo e digitale, perché,  come precisò la Corte Costituzionale nel 1993, i principi fondanti dello Stato “esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale” (sentenza n. 112 del 1993).

Le dichiarazioni sessiste e le scelte preannunciate nella conferenza stampa tenuta dal direttore artistico e conduttore del Festival di Sanremo 2020 risultano in contrasto con il Contratto di Servizio Pubblico tra Rai e Ministero dello Sviluppo Economico e hanno provocato migliaia di reazioni da parte di singole persone, associazioni, in particolare provenienti dal mondo femminile, nonché da istituzioni e loro rappresentanti.

E’ mancata una risposta adeguata e non risultano modifiche al programma né è stato escluso dalla gara l’autore di canzoni violente; hanno aggiunto sconcerto i tentativi mal riusciti di scuse del direttore artistico e conduttore e quelle del trapper e non c’è stata una presa di posizione precisa da parte dei dirigenti interpellati.

Anche questa volta non ha funzionato il complesso sistema di vigilanza e controllo del servizio pubblico, a partire dal ruolo della stessa RAI (in particolare della Direzione di RAIUNO) e tantomeno sono scattati i meccanismi che fanno capo innanzitutto al Governo (in particolare il MISE), al Parlamento (Commissione di vigilanza), all’apposita Autorità (AGCOM), e altri, per un totale addirittura di sedici organismi.

Se ne ricava l’assoluta necessità di modifica delle norme che regolano il servizio pubblico radiotelevisivo e digitale, per affrontare alla radice il rapporto patologico tra questo e la politica e arrivare a “una riforma improntata all’idea dell’indipendenza e del pluralismo”, come recita il programma dell’attuale Governo. Le idee ci sono: esistono vaste convergenze sulle proposte di Paolo Gentiloni, di Roberto Fico e su quella d’iniziativa popolare di Tana De Zulueta, avanzata da anni.

Se ci fosse la volontà politica, la riforma si potrebbe approvare in tempi rapidi e ci auguriamo che l’occasione per iniziare l’iter necessario sia offerta proprio dalle polemiche  di questi giorni relative al Festival di Sanremo 2020 e la spinta possa arrivare dall’interno dell’Azienda, nel suo stesso interesse.

Con la presente petizione si chiede:

–        che la riforma della RAI  sia inserita nelle priorità che stanno per essere individuate nel cronoprogramma della maggioranza;

–        che le proposte di riforma d’iniziativa parlamentare siano inserite tra quelle da esaminare nelle competenti Commissioni di Camera e Senato e si avviino le opportune audizioni;

–        che  la RAI partecipi al complesso iter della riforma con spirito collaborativo.

 

Donatella Martini DonneinQuota

cell. 3356161043

info@donneinquota.org

www.donneinquota.org

https://www.facebook.com/DonneinQuota.org/

 

Rosanna Oliva de Concilis – Rete per la Parità

segreteria.reteperlaparita@gmail.com

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https://www.facebook.com/reteperlaparita/

60 anni dalla sentenza della Corte costituzionale n.33 del 13 maggio 1960

Giovedì 23 gennaio alle 20,40 su rai storia canale 54 (e su RAIPLAY) è andata in onda la prima delle sei puntate dal titolo “Senza distinzione di genere” per scoprire come la Consulta abbia contribuito a cambiare in meglio la società.

Nella prima puntata la Presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia ha citato la  sentenza n.33 del 1960 che fu la prima e più importante in materia di parità.

Rosanna Oliva de Conciliis, ha ringraziato la Presidente Marta Cartabia per aver citato la sentenza e il suo ricorso.

Clicca qui per guardare la puntata 

rete

 

Venerdi 31 Gennaio – Francavilla fontana (Brindisi) – presso il Castello Imperiali – Sala Belvedere – “60 Anni di parità le carriere delle donne a partire dalla sentenza n. 33/1960 della Corte costituzionale” – Sarà presente Rosanna Oliva de Conciliis

Leggi qui

 

Alle socie e soci l’invito a versare la quota associativa per l’anno 2020.

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