A che punto siamo con la normativa per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne?
Domande e risposte a cura di Rosanna Oliva de Conciliis e Annunziata Puglia
Entro il 25 novembre il Parlamento approverà altre disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e domestica. Come si è arrivati a questa legge?
È stata una lotta contro il tempo iniziata alla Camera alla ripresa dei lavori dopo le ferie per recuperare i ritardi tra l’approvazione a giugno da parte del Consiglio dei ministri del Disegno di Legge per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, avvenuta pochi giorni dopo l’efferato femminicidio di Giulia Tramontano, e il deposito del testo pervenuto alla Camera in agosto soltanto pochi giorni prima dell’interruzione dei lavori per la pausa estiva.
Non si ha motivo di dubitare, perché lo ha dichiarato la Premier Giorgia Meloni, che sarà approvata dall’Assemblea del Senato entro il 25 novembre, all’unanimità come è già avvenuto lo scorso 26 ottobre alla Camera dei deputati.
Il necessario passaggio nella Commissione Giustizia sarà puramente formale. Alla Camera invece, sia pure nei tempi brevi imposti dalla maggioranza, il Disegno di legge del Governo “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica” (C1294) è stato esaminato e discusso nella Commissione Giustizia insieme con i progetti di legge abbinati C. 439 Elena Bonetti Italia Viva , C. 603 Stefania Ascari M5S , C. 1245 Sara Ferrari PD, tutti ispirati al contenuto della relazione finale elaborata nella precedente Legislatura dalla “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere” del Senato.
Sono emerse possibili integrazioni al testo del Governo indicate nelle proposte d’iniziativa parlamentare o segnalate durante il breve ciclo di audizioni al quale abbiamo partecipato come Rete per la Parità insieme con altre associazioni impegnate contro la violenza e per la parità di genere, sindacati e componenti del Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica presieduto dalla Ministra Roccella.
Rispetto al testo originale proposto dal Governo, si è avuto un ampliamento degli interventi da operare a tutela delle vittime di violenza.
Tra le disposizioni accolte figurano alcune di quelle suggerite dalla Rete per la Parità nel corso dell’audizione e contenute nella memoria prodotta in tale sede.:
- la specifica formazione per tutti gli operatori (sociali, delle forze di polizia e della magistratura) che vengano in contatto con le vittime di violenza;
- la necessità di prevedere un accreditamento delle associazioni e centri che svolgono i corsi di recupero nei confronti degli uomini autori di violenza e l’emanazione, anche in questo caso, di apposite linee guida, al fine, appunto, di garantire omogeneità dell’attività di questi corsi e l’idoneità degli stessi per l’effettivo raggiungimento del recupero dei violenti.
Quali disposizioni non sono invece state inserite nel testo poi approvato all’unanimità?
Persistono degli importanti vuoti normativi su temi cruciali nella lotta alla violenza che la maggioranza non ha ritenuto di dover affrontare, sebbene evidenziati sia durante le audizioni, sia in alcune delle proposte di iniziativa parlamentare in discussione.
La mancata previsione di appositi fondi ha impedito, in particolare, l’estensione anche in sede civile del patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dal reddito, in favore delle donne vittime di violenza, proposta dalla Rete per la Parità in sede di audizione.
Difficile motivare, invece, perché non sia stata prevista la nomina, da parte del Governo, di Commissari ad acta per assicurare la tempestiva erogazione dei fondi per garantire, in tutte le Regioni, il funzionamento dei Centri antiviolenza, presidi fondamentali nella lotta alla violenza contro le donne.
Nel corso della discussione parlamentare, come durante le audizioni, è stato giustamente evidenziato che “la violenza sulle donne è un fenomeno criminale ma soprattutto culturale”.
Nonostante ciò, non è stata riconosciuta l’impellente necessità di procedere con interventi anche a livello di formazione scolastica, mediante la istituzione di corsi curricolari di educazione affettiva e sessuale per gli studenti, così da fornire alle giovani generazioni una educazione alla relazione di genere capace di costruire rapporti affettivi corretti e rispettosi delle differenze e della libertà delle donne, eliminando definitivamente principi e stereotipi della cultura patriarcale di cui la nostra società è tuttora profondamente imbevuta.
Gli interventi nelle scuole dovrebbero coinvolgere anche soggetti adulti, i docenti e i genitori che spesso hanno bisogno anche loro di essere informati e formati sulle caratteristiche che sta assumendo la violenza.
In genere manca la capacità di cogliere negli studenti e nei figli comportamenti spia che dovrebbero suscitare allarme in quanto sono forme di violenze che possono in alcuni casi portare a comportamenti estremi. Forse se i genitori dell’assassino di Giulia Cecchettin avessero avuto tale consapevolezza la tragedia sarebbe stata evitata.
È forse è frutto proprio della persistenza di questo orientamento culturale patriarcale ed omocentrico anche la scelta effettuata dalla maggioranza in sede di discussione, di rigettare la proposta di sostituire nel corpo dell’art 575 del Codice penale, che punisce l’omicidio, la parola “uomo” con la parola “persona”, mediante un intervento lessicale semplicissimo, che avrebbe posto al centro della tutela la persona, indipendentemente dal genere di appartenenza; mutamento tanto più significativo in relazione alle vicende di cronaca quotidiana, che ci mostrano come spesso la vittima degli omicidi sia una donna.
Non è passata la nostra proposta di far presentare ogni anno al Parlamento una Relazione sul fenomeno della violenza.
Da notare che le proposte non approvate in Commissione sono state presentate dai Gruppi di minoranza di nuovo all’Assemblea che però le ha respinte dopo confronti accesi, in particolare per la proposta di introduzione nelle scuole dell’educazione affettiva e sessuale. L’esame si è concluso con la presentazione di numerosi Ordini del giorno da parte della minoranza, di cui solo pochi sono stati accolti.
Sono proposte definitivamente affossate?
Non saranno aggiunte nella legge all’esame ora del Senato, perché il testo è ”blindato” ma saranno di nuovo proposte in altri DDL di iniziativa parlamentare. Anzi, alcune proposte fanno già parte del DDL n. 754, prima firmataria la Senatrice di Fratelli d’Italia Susanna Donatella Campione e cofirmato da molti senatori e senatrici del gruppo. Nel testo, presentato a giugno poco dopo quello approvato nel Consiglio dei ministri, si prevede tra l’altro l’inserimento dell’educazione alla prevenzione e al riconoscimento della violenza contro le donne come parte fondamentale del programma di educazione civica e la definizione delle iniziative per la sensibilizzazione della collettività sul tema. In un altro articolo si prevede che ogni anno il Parlamento riceva una Relazione sul fenomeno della violenza, proprio come proposto dalla Rete per la Parità in audizione alla Commissione Giustizia Camera. Si prevede inoltre una copertura finanziaria di 10 milioni di euro per ciascun anno nel triennio 2023/2025 con reperimento dei fondi mediante la riduzione dello stanziamento del fondo speciale in conto capitale dell’accantonamento relativo al Ministero di Giustizia.
Quali altri provvedimenti la Rete per la Parità ritiene necessari per contrastare la violenza sulle donne?
Nella memoria depositata presso la Commissione Giustizia della Camera abbiamo avanzato alcune puntuali richieste.
Risorse finanziarie. È necessario che nella legge di bilancio di imminente approvazione siano individuate le risorse per assicurare l’applicazione delle nuove disposizioni che investono varie competenze delle Amministrazioni centrali e per evitare che l’assenza di appositi finanziamenti possa impedire o inficiare l’attuazione delle stesse.
Sulla Vittimizzazione secondaria. I casi in cui le responsabilità sono spostate dall’aggressore alla vittima sono talmente diffusi nei Media e nei Tribunali italiani da aver causato duri richiami da parte della Corte europea dei diritti umani (CEDU) e del Comitato CEDAW delle Nazioni Unite.
Il fenomeno della vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale ha gravi ripercussioni anche sui figli, ed è stato preso in considerazione durante l’iter della riforma del processo civile dall’allora Ministra della Giustizia Marta Cartabia, che intervenne anche nella Commissione di indagine sul femminicidio del Senato.
L’emanazione del D. Lgs n. 149/2022 (Riforma del processo civile), che nel Titolo IV bis ha introdotto una nuova normativa in materia di persone, minorenni e famiglia, fa sperare che le distorsioni in questione possano essere ridotte o eliminate. Perché questo avvenga va disposto che la Commissione parlamentare di indagine sul femminicidio effettui un puntuale monitoraggio dell’applicazione della nuova disciplina per verificare se e in che proporzione contribuisca all’eliminazione di tali forme di violenza istituzionale. Inoltre, il monitoraggio deve essere effettuato anche sullo stato dei procedimenti precedenti esaminati nella scorsa Legislatura dalla Commissione d’indagine del Senato, considerata la gravità e il numero delle situazioni problematiche emerse e ancora non definite.
Monitoraggio dell’applicazione della normativa in materia di prevenzione e contrasto della violenza di genere e domestica. Va prevista una relazione annuale al Parlamento da parte della/del Ministra/o per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, di concerto con i Ministri dell’Interno, della Giustizia, della Salute e dell’Istruzione e del merito.
Sicurezza. Contrastare la violenza significa anche prevenirla. È noto che a volte i femminicidi e gli episodi di violenza familiare sono posti in essere da soggetti che, pur trovandosi in situazioni di squilibrio psichico, continuano a detenere armi. Occorre modificare la normativa relativa al possesso e alla detenzione delle armi da fuoco, introducendo disposizioni più incisive, a salvaguardia della sicurezza. Apprezzabile l’iniziativa del Sen. Walter Verini, primo firmatario del DDL n. 78, “Disposizioni in materia di controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d’armi”, all’esame della Commissione Giustizia del Senato. Le nuove disposizioni dovrebbero prevedere un maggiore controllo sia al momento del rilascio delle autorizzazioni per la detenzione/porto delle armi, sia nei periodi intercorrenti tra il rilascio e i successivi rinnovi, indipendentemente dalla finalità per le quali le armi stesse siano detenute (difesa, caccia, pratica sportiva, collezionismo e anche per motivi di servizio) e dalle loro differenze tecniche. Deve essere inoltre garantito un controllo costante della permanenza dei requisiti psicofisici e neurologici/psichiatrici accertati da un Collegio medico al momento del rilascio del porto d’armi o della autorizzazione alla detenzione. Per consentire ai medici di medicina generale di monitorare i soggetti che detengono armi deve essere introdotto un sistema che preveda l’attribuzione di un codice al momento del rilascio del porto d’armi o della autorizzazione alla detenzione e consentirà ai medici di medicina generale di monitorare i soggetti che detengono armi. Nel momento del riscontro di turbe psichiche/neurologiche o comportamentali il medico potrà richiedere tempestivamente una verifica da parte del Collegio medico.
Sono state numerose le leggi emanate negli ultimi anni per la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne, come il cosiddetto “Codice Rosso”. Quali sono le principali?
Il Legislatore recentemente è intervenuto nuovamente sulla materia con la L. 8 settembre 2023, n. 122 istituendo un nuovo dovere di vigilanza dei Procuratori della Repubblica e dei Procuratori Generali sul rispetto del termine dei tre giorni per l’assunzione delle informazioni da parte delle vittime di tali reati, con possibilità di revocare l’assegnazione del procedimento al singolo magistrato in caso di mancato rispetto del termine. Una riforma che tuttavia presenta più criticità che aspetti positivi.
L’evoluzione della normativa italiana in materia di violenza sulle donne inizia con la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica , ratificata con la legge n. 77 del 2013). Col decreto-legge n. 93 del 2013, adottato a pochi mesi di distanza dalla ratifica della Convenzione, sono state introdotte modifiche in ambito penale e processuale e prevista l’adozione periodica di Piani d’azione contro la violenza di genere.
Nella XVIII legislatura il Parlamento ha approvato la legge n. 69 del 2019, nota come “Codice rosso“, che introduce misure di carattere penale e processuale volte alla prevenzione dei reati di violenza di genere, alla protezione delle vittime e alla punizione dei colpevoli.
La legge ha introdotto alcuni nuovi reati (deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate – c.d. “revenge porn”, costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) e ha inasprito le pene di reati già esistenti (maltrattamenti contro familiari e conviventi, atti persecutori, violenza sessuale in danno di minori, aggravante per atti sessuali con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, estensione dell’ambito di applicazione dell’omicidio aggravato dalle relazioni personali).
Inoltre la legge n. 53 del 2022 ha potenziato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere attraverso un maggiore coordinamento di tutti i soggetti coinvolti.
Nella legislatura corrente, sono state approvate la legge n. 12 del 2023, che prevede l’istituzione di una Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. e la recente legge n. 122 del 2023 che interviene nella procedura da seguire nei procedimenti per delitti di violenza domestica e di genere, disponendo che, qualora il Pubblico Ministero .non abbia rispettato il termine di 3 giorni imposto dalla legge n. 134 del 2021, il Procuratore della Repubblica possa revocare l’assegnazione del procedimento al magistrato designato ed assumere senza ritardo le informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell’ufficio.)
Quali sviluppi avrà l’iniziativa di Paola Cortellesi, attrice e regista del film “C’è ancora domani” che, all’indomani dell’efferato omicidio di Giulia Cecchettin, si è rivolta a Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio ed Elly Schlein, segretaria del maggior partito di opposizione, chiedendo loro di pensare a “un progetto, un accordo su temi che le riguardano entrambe, come la prevenzione dei femminicidi, a partire dalla scuola.”?
La violenza contro
le donne lede la pienezza della loro cittadinanza: tale riconoscimento dovrebbe portare tutte le forze politiche a combatterla in modo unitario sottraendola alle dinamiche proprie dello scontro politico. Non hanno rilevanza le prime dichiarazioni “formali” di Giorgia Meloni ed Elly Schlein. La vera risposta arriverà se e quando le donne nel Governo e nel Parlamento riusciranno, mettendo da parte le differenze di appartenenza politica, a trovare di nuovo quello spirito unitario per combattere la violenza sulle donne che portò nel 1996, grazie all’impegno soprattutto delle donne della destra, a far inserire nel Codice penale la violenza sessuale come reato contro la persona e non come delitto contro la moralità pubblica e il buon costume.Lo sapremo presto: durante l’approvazione all’unanimità del testo pervenuto dalla Camera il Senato potrebbe approvare un ordine del giorno bipartisan con l’impegno ad approvare in tempi brevi le altre disposizioni che non sono state inserite in questa legge.
Lo devono, lo dobbiamo a Giulia Cecchettin.
In data 15 gennaio 2024 Avvocato360 organizza un webinar gratuito dal titolo “Violenza di genere: riforma Roccella e novità sul Codice Rosso”, avente quali relatori l’Avv. Federica Liparoti e il Dott. Luca Bonzanni.